Artissima, cosa resta?

Nelle Lezioni Americane di Italo Calvino, un paradigma fondamentale del nuovo millennio viene assegnato al concetto di visibilità: ”La fantasia è una specie di macchina elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelle che rispondono a un fine, o che semplicemente sono le più interessanti, piacevoli, divertenti. Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini. Penso a una possibile pedagogia dell’immaginazione che abitui a controllare la propria visione interiore senza soffocarla e senza d’altra parte lasciarla cadere in un confuso, labile fantasticare, ma permettendo che le immagini si cristallizzino in una forma ben definita, memorabile, autosufficiente, “icastica”. L’eccezionalità di un evento come Artissima pone una riflessione in seno alla grande macchina di immagini che mette in moto una fiera: cosa rimane ai nostri occhi?

L’inflazione esasperata di iconografie a cui quotidianamente siamo sottoposti, grazie anche all’onnipresente e ossessiva configurazione dei social media, suscita una questione di fondo laddove il mercato e il sistema dell’arte contemporanea non sono esenti da tale ingranaggio digitale. La condivisione sociale, primaria controparte mediatica, assegna allo spettatore non solo il ruolo di fruitore passivo, ma denota caratteristiche peculiari evolute: l’immortalare un’opera rappresenta non solo un gesto di approvazione, o un mero ricordo da conservare nell’archivio di memoria, ma autorizza l’osservatore a divenire giudice incontrastato, critico, curatore inconsapevole, colui che in ultima istanza applica una scelta. Artissima è la fiera più importante del nostro territorio, i 52mila visitatori non possono che confermare tale ruolo, il livello di attenzione mediatica è alto e molto spesso si presenta anche al di fuori dei mezzi d’informazione di settore, ma ciò che forse sarebbe interessante sondare è proprio la scelta che il pubblico applica di fronte alle migliaia di opere esposte e alle molteplici tematiche sfiorate.

Se venisse effettuata un’indagine in merito alle opzioni curatoriali, diciamo così, dei fruitori della fiera, probabilmente uscirebbe fuori una lettura di volta in volta differente dell’evento. La democratizzazione di internet e delle sue piattaforme sociali permettono un nuovo e interessante dialogo tra opera d’arte e pubblico, quel pensare per immagini a cui Calvino si riferisce diverrebbe un modus operandi per comprendere e incanalare le tendenze estetiche generazionali, poiché anche le fasce cronologicamente più giovani della nostra società hanno ormai una confidenza ineguagliabile con le moderne tecnologie. La rappresentazione del sistema artistico contemporaneo diviene quindi uno spettacolo collettivo, l’identificazione di una coscienza condivisa, corollario estetico di un’emotività intellettuale che contiene nelle sue radici la somma di una personale esperienza iconologica.

Artissima si delinea come esemplificazione modulare di un percorso immaginifico dai risultati mai scontati, composto da inconsapevoli ma coscienti spettatori che recepiscono un messaggio e lo diffondono in una condivisione unitaria e ramificata. Il post moderno è morto, siamo entrati in un secolo caratterizzato da una creolizzazione dei generi espressivi, artisti, collezionisti, critici, galleristi, curatori non possono ignorare la portata rivoluzionaria di questo inedito sistema dell’arte, l’era digitale chiama all’appello nuove competenze e specifiche sensibilità di comunicazione, un dialogo aperto universalmente a tutti che segna il futuro del contemporaneo.

Conclude Calvino nel suo saggio dedicato al nuovo millennio: ”Al contrario, rispondo, chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”.

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