L’elenco telefonico degli accolli

Zerocalcare da Rebibbia, il quartiere romano che lui stesso definisce «uno spazio di protezione, dove mi sento a casa e da cui non riesco a staccarmi per oltre tre giorni», torna a far parlare di sé con la seconda raccolta di storie pubblicate in origine sul suo blog. E doppia cover: con la “variant” realizzata da Leo Ortolani e colorata da Lorenzo Ortolani. «Sono duecento pagine, di cui quarantacinque inedite, che fotografano un po’ i miei ultimi due anni di vita e boh», si legge nel post online di presentazione. Già, perché Michele Rech (questo il nome di battesimo del fumettista aretino classe 1983) tende all’essenziale, ad arrivare al nocciolo della questione. Un approccio già suo ma che, in un’epoca dominata dai social network, lo ha aiutato ad emergere. Non fa eccezione il suo ultimo lavoro, L’elenco telefonico degli accolli (Bao publishing, 200 pagine, 17 euro), dove il termine “accollo”, spiegato a chi vive fuori dal grande raccordo anulare, sta per «quell’impegno non richiesto che ti piove addosso e al quale difficilmente puoi sottrarti».

Dolceamaro e spiazzante come è nel suo stile, Zerocalcare continua a indagare e ironizzare sulle contraddizioni imposte dalla società, ripercorrendo le storie del suo diario di rete, tra cui le ormai classiche Salva ogni cinque minuti («perché non riuscite a seguire questo semplice precetto? Non capisco, solo una cosa dovete imparare per vivere bene. Invece vi fate mille pippe, fioretti, roba new age, life coach», lo ammonisce la sua memory card) e Quando muore uno famoso, dove il fumettista immagina il lancio dell’Ansa sulla dipartita del cane Uan, il pupazzo animato di peluche rosa con ciuffetto fucsia («è morto. A me un po’ dispiace»). E ancora, storie come Il demone della reperibilità, «un viaggio crudo e senza sconti nell’orrore del nostro secolo, destinato a lasciare strascichi di sangue e a farmi litigà co’ un sacco di gente» e I litigi su internet, dove l’armadillo, amico immaginario e compagno fedele di avventure casalinghe, invita un arrabbiatissimo Zerocalcare «a mantenere la calma e non reagire in modo sconsiderato. Non siamo più nel web 1.0». Ecco che tutto nasce dall’impossibilità di essere all’altezza delle aspettative altrui, dai dubbi – nell’autore – di essere percepito in maniera sbagliata («mi danno del paraculo se faccio il disimpegnato e del paraculo se faccio l’impegnato»). Sull’ultima di copertina, in questo senso, campeggia la frase «il mio incubo peggiore è che qualcuno si debba vergognare di avermi voluto bene». Andare in profondità, oltre l’apparente cazzeggio. Scavare. È quanto si dovrebbe chiedere ai lettori. Compresi quelli di Zerocalcare. Info: www.baopublishing.it

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