Calotipi femminili

Torino

Mille e una Italie. Ci sono mille volti del nostro Paese nella mostra in corso a Palazzo Madama e dedicata all’opera di Federico Patellani. La prima grande esposizione che valorizza a tutto tondo il suo lavoro, lungo l’arco di diversi decenni che hanno visto la tragedia della Grande Guerra e il suo superamento. Dentro i suoi scatti c’è l’Italia ferita dalla Grande Guerra, palazzi e strade del Sud bombardati dove i bambini giocano, poi l’Italia che lavora nelle facce polverose dei minatori di Carbonia, dei pastori sardi persi in sconfinate lande assolate, i milanesi chiusi in eleganti cappotti al coperto della Galleria Vittorio Emanuele. Soprattutto c’è l’Italia che risorge, nell’immagine di una giovane donna comodamente distesa su un prato che guarda un relitto aereo della Guerra, già lontana e già ricordo. E ancor di più l’Italia che dimentica gli orrori della Guerra è tutta nelle bellezze, prosperità e sorrisi delle ragazze ai concorsi di bellezza, da cui provengono molte delle attrici del cinema neorealista italiano.

Gli ambienti eleganti del palazzo torinese ben si adattano a ospitare le opere fotografiche di un raffinato intellettuale, una selezione di uno sterminato corredo fotografico di circa 700mila unità, conservato al Mu.Fo.Co. (Museo di Fotografia Contemporanea) di Cinisello Balsamo, sotto la direzione scientifica di Roberta Valtorta. L’archivio di un genio italiano di metà Novecento. Un fotografo, un giornalista, anzi un fotogiornalista per la precisione ed il primo ad averne critica coscienza. Un profilo che si cuce a misura su se stesso, forte di altre esperienze culturali, perché è stato pittore e produttore cinematografico nel 1939 per Piccolo Mondo Antico di Mario Soldati. Per questo scrive nel 1943 una sorta di manifesto della fotografia per l’editoriale Domus, Giornalista Nuova formula per definire il compito primo del fotografo e ciò che gli spetta, ”… egli sappia fare fotografie che documentino il lettore; se vuole, se è capace faccia poi delle belle fotografie, interpreti ciò che vede. Il cammino è aperto, non ci sono limitazioni”. E lui non le ha avute.

Nelle 80 opere in esposizione è chiaro il suo messaggio ed etica, cui è stato fedele per tutta la sua carriera nei reportage in giro per l’Italia e il mondo intero. Africa, America del Sud, reportage sociali e di costume, come quelli di Mario Cattaneo, Fedrico Garolla o Piergiorgio Branzi, lavori faticosi e lunghi ma completi agli occhi di Patellani, che nel 1953 fonda una sua agenzia fotografica, la Pat Photo Pictures.

Patellani ha raccontato tutto questo come giornalista freelance per diverse testate italiane ed europee come Epoca, Tempo Illustrato ed altre. Con il fototesto, espediente giornalistico di sua invenzione, ha elevato la fotografia ridefinita alleata strettissima della parola, in perfetta osmosi con questa per nutrire con l’emozione visiva la narrazione scritta. Nei suoi servizi ci sono foto, tante, poi didascalie e commenti. E soprattutto compare vicino ad ogni foto la sua firma, come segno di distinzione professionale nel periodo che vide il moltiplicarsi indisciplinato delle immagini, prodotte dai neonati rotocalchi dei primi anni Cinquanta. Perché un fotografo ha il compito sì di illustrare, ma prima di tutto di documentare e dare verità al alle parole. Le concorrenti dei concorsi di Miss Italia o Miss Sorriso degli anni Cinquanta a San Remo e Stresa vengono riprese con questa idea, sono foto come documenti che ritraggono le ragazze nelle pause, nei momenti più ‘spietati’ delle misurazioni e delle riprese fronte-profilo dello loro silhouette. Giusto per ‘nominare’ cose e corpi e senza pretese di bellezza, forse perché, in quel caso, già ce ne stava molta. Pur non essendo la sua priorità, di bellezza, nelle sue foto, se ne trova in abbondanza, nei tagli e invenzioni compositive. Sulla copertina di Tempo una bella faccia femminile sorride, letteralmente infilata nella pagina di un quotidiano dedicato alle elezioni a suffragio universale nell’estate del 1946.

I fototesti nelle riviste diventeranno fotolibri, curati dalle sue assistenti che con lui hanno lavorato e offerto la curatela della mostra torinese, Kitty Bolognesi e Giovanna Calvenzi. La più bella sei tu e Fuori Scena, presenti miss, attrici e cinema. Le grandi dive, Sophia Loren in spiaggia, Elsa Martinelli che fissa l’obiettivo nascosta dalla rete di un letto, la maschera di Giulietta Masina ritagliata nel buoi del set, l’ondeggiare dei capelli di Ingrid Bergman che si confonde con quello del mare a Stromboli.

È dal cinema che parte l’esperienza di Patellani e lì ritorna più volte. Dopo il set nel 1939 con Mario Soldati, ritorna nel 1952 con Alberto Lattuada per girare La lupa. Invece della Sicilia lo scenario è quello della Lucania, che lui conosceva benissimo per i ripetuti viaggi al Sud, finiti nel reportage Italia Magica. Un paesaggio ancora più selvaggio, asciutto e crudo come il soggetto e lì vicini Patellani e Lattuada, che ricorda le numerose fotografie di Patellani per la Lupa sono un altro film. Il cinema che lui considera madre della fotografia contemporanea, è l’unico mezzo che suggerisce rapidità e immagini in movimento perchè ”… appaiono viventi, attuali, palpitanti, come lo sono di solito i fotogrammi di un film. Bisogna saper cogliere l’atteggiamento momentaneo, il sensazionale, l’essenziale in ogni cosa”. La realtà è un evento senza interruzioni e la fotografia si deve attaccare con velocità a questa, sentirne il respiro e gli odori.
Fino al 13 settembre.

Info: www.palazzomadamatorino.it

 

 

 

 

 

Articoli correlati