Digital culture

Net art, Software art, Web art: sono alcune delle denominazioni che riguardano l’arte che sotto diverse forme è nata e vive nella rete. L’arte nel web si insinua negli interstizi del nuovo spazio virtuale e discute in maniera molto radicale l’evidente potenziale globale che potrebbe contenere. La sua nascita coincide non a caso in parallelo con il movimento del software libero (1991, il giovane studente finlandese Linus Torvalds crea Linux). Sotto la generica definizione di Net art o di Web art rientrano a buon diritto solo quelle opere, e quegli artisti, che lavorano con le peculiarità strutturali della rete: la simultaneità della fruizione globale, l’impossibilità di fruire off line delle opere (se non come effetto collaterale) e la forte interattività con l’utente. Documenta X a Kassel, curata da Catherine David, nel 1997 ospita una sezione dedicata alla Net art. Gli artisti invitati si infuriano perché le opere sono mostrate off line. Vuk Cosic, guru del nuovo movimento, clona il sito ufficiale della manifestazione e ne crea una nuova versione, criticando così da dentro l’evento. Quell’atto di rivolta sopravvive fino a oggi in rete, mentre il sito ufficiale di Documenta viene oscurato nel 1997. Catherine David non si oppone e lascia che quest’opera di vero e proprio teppismo informatico diventi un’opera in rete, perché capisce che la Net art potrà solo respirare l’ossigeno dello spazio virtuale globale e non l’aria chiusa di una stanza museale.

Il termine Net art viene miticamente attribuito all’artista serbo Vuk Cosic e si dice sia nato da un errore di codice generato da un’email inviatagli da un anonimo. Che sia vero o meno non è importante da un punto di vista storico, ma introduce il concetto fondamentale di random: cioè di totale casualità. La macchina, il software, hanno generato in maniera casuale e quindi incontrollabile qualcosa che ha prodotto la Net art. Una dichiarazione politica ed estetica chiara: immaginare la rete, nata come sistema di controllo militare, come uno spazio dove l’arte mette in discussione le certezze e crea effetti casuali, imprevisti, incontrollabili. Il primo sito che viene citato all’origine di questo tutto è http://0100101110101101.org creato da Eva e Franco Mattes. Personalmente conservo un ricordo indelebile del mio primo accesso al sito: il panico nel vedere il monitor del mio vecchio fedele pc impazzito, che genera immagini randomiche e link che rimandano messaggi terrorizzanti sulla morte del mio stesso computer. Le schermate prodotte dai Mattes sono un viaggio psichedelico, molto vicino al mondo degli hacker, con disvelamenti temporanei dei codici di programmazione, allora nascosti in un backstage del software (tutt’altro che open e friendly per l’utente), e immagini spixelate. La Net art si considera libera da qualsiasi forma di copyright e rielabora in continuazione se stessa. Così Hybrids del 1998 ancora dei Mattes propone un collage delle opere di Net art mixate a pagine rubate dal web in maniera casuale. I Mattes sono anche gli iniziatori del Plagiarismo, un movimento che si insinua nei canali dell’informazione online.

Un esempio eclatante, Luther Blisset, un nome collettivo, che compie azioni di guerriglia informatica infiltrandosi in maniera virale nei sistemi informatici delle grandi istituzioni, o creando siti fittizi in rete (uno tra tutti l’ncredibile bluff di Darko Maver durante la guerra nell’ex-Jugoslavia). Il gruppo di attivisti ®TMark capaci di hackerare nel 1999 il sito della World trade organization sostituendolo con un sito chiamato Yes man, o nel 2000 di creare un sito che per la campagna per le presidenziali statunitensi vende il voto dei cittadini. Sulla stessa scia si inserisce il lavoro degli Etoy, che praticano vere e proprie azioni di dirottamento digitale come in Digital Hijack del 1996, con il quale entrano in tutti i principali motori di ricerca del tempo e inseriscono in modo casuale nelle risposte delle icone riferite a prodotti di consumo. Un’altra esperienza che sfrutta ciò che la rete già produceva in una nuova chiave estetica di Net collage random è Ada’web: un’esperienza assolutamente inedita di navigazione che non connette il link all’informazione ma porta a testi e immagini inaspettate e spesso destabilizzanti. Un ruolo particolare riveste la figura di artista, agitatore e teorico russo Alexeij Shulgin, con il suo sito www.irational.org, la prima idea di un’arte concettuale sulla e nella rete, che spinge il visitatore ad attraversare il sistema globale di comunicazione e a scoprirne i più reconditi recessi. Shulgin con Turn off your TV set pone la questione della differenza tra televisione, medium unidirezionale senza interazione e internet con ampie possibilità di interazione; e poco dopo con Remedy for Information Desease propone una fruizione incontrollata di immagini per curarsi paradossalmente dall’ossessione delle immagini. Ancora dalla Russia arriva Olia Lialina, con l’opera My boyfriend come back from the war, nella quale si sviluppa uno storyboard cinematografico, fatto di foto in bianco e nero e testi, che viene costruito di volta in volta dalle scelte fatte dal fruitore che così crea la propria sceneggiatura: una delle prime opere coprodotte da pubblico e artista, Multichoise, legata all’immenso mondo dell’ipertestualità.

La Software art o Generative art lavora sull’elaborazione delle stringhe di programmazione dei software già in commercio: un esempio per tutti l’esperienza di Adrian Ward, con i programmi Autoshop e in particolare Autophotoshop e Autoillustrator. I software, partendo dai programmi creati per la grafica da Adobe, autogenerano delle immagini random con un semplice gesto del mouse dell’utente, ancora senza controllo e casuali. L’autosoftware, a sua volta, genera una nuova estetica fatta di immagini grafiche diffuse in rete dal 1999, che sollevano la questione fondamentale della possibile autonomia estetica della macchina rispetto all’uomo. In anni recenti comunità di nativi digitali, spesso giovanissimi, hanno iniziato a produrre grafica e video tornando a utilizzare vecchi linguaggi di programmazione legati a macchine come gli Atari o i Commodore64, tornando a un’estetica pixelata, per opporsi allo strapotere della tecnolgia patinata in continua ansia di prestazione, in una visione ecologica di riciclo. Un esempio per tutti gli Hack n’ Trade (http://csdb.dk/group/?id=297). I padri di questa nuova tendenza, negli anni Novanta, sono gli artisti della Ascii art, per lo più grafici che generano vere e proprie figure utilizzando tutti i caratteri tipografici del linguaggio Ascii. Ora, per finire fatevi un selfie: basta avere una web cam installata e connettersi al sito http://idevelop.ro/ascii-camera/ e vedere la propria immagine in diretta riprodotta in una Ascii picture realizzata con una Ascii camera.

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