Le Storie Brevi di Ventura

«Non amo ricreare mondi passati come se fossi davvero stato negli anni ‘50 a Roma. Mi interessa cogliere un’atmosfera e lavorarci sopra con la fantasia. Perché certe atmosfere ci sono ma poi in realtà non sono così, sono dei mondi complessi in cui le epoche si sovrappongono e si contraddicono a vicenda». Le parole del fotografo Paolo Ventura rappresentano il giusto preludio per poter narrare una ricerca linguistica che sfiora il sottile limite di confine tra realtà e immaginazione. Ventura nasce a Milano nel 1968, il suo lavoro lo conduce tra la sede di New York e lo studio della cittadina toscana di Anghiari, dove l’autore ha costruito un regno fantasioso, formato da pupazzi colorati e piccoli teatri di posa. Sondare l’universo immaginifico di Ventura significa ripercorrere le tracce di un’epoca nostalgica, imbevuta di molteplici riferimenti iconografici che spaziano dal futurismo e si appropriano di figure oniriche e surreali. Il circo, ad esempio, diviene forma e sostanza di mondi introspettivi dove prendono corpo le fantasie più recondite cresciute in seno all’infanzia, dove ogni cosa sembra possibile e vivono, nelle fisionomie immortalate, frammenti di malinconia. Paolo Ventura possiede nel suo codice genetico il germe dell’arte, suo padre Piero è uno dei più grandi illustratori per bambini, un patrimonio familiare che spicca all’interno dei lavori del fotografo.

Storie Brevi è il titolo del progetto espositivo ospitato presso gli spazi della Galleria del Cembalo, dove Ventura presenta al pubblico dodici serie fotografiche e alcuni bozzetti preparatori che ricostruiscono il modus operandi dell’artista. Ogni scenografia è frutto di un’elaborata progettazione allestitiva, nulla è lasciato al caso: trucco, costumi, acconciature, ogni singolo dettaglio descrive la minuziosa cura che investe le scelte stilistiche del fotografo. Veri e propri teatri di posa si stagliano nello studio dell’artista che ritrae costantemente se stesso e la sua famiglia, interpreti onirici di realtà sapientemente costruite. «Nel settembre del 2011 – afferma Ventura – mentre rifacevo il tetto del mio studio è crollato un pezzo. Improvvisamente un angolo buio della stanza si è illuminato. L’inaspettata fonte di luce esposta a nord mi ha fatto venire voglia di creare questi piccoli teatri e di animarli». Immergersi negli scenari fotografici di Ventura significa affrontare un viaggio attraverso epoche lontane, all’interno di atmosfere intrise di memoria e ricordi fantasiosi, il lavoro del fotografo non è un semplice salto nel passato ma rappresenta la volontà di indagare il mondo attraverso uno sguardo poetico e mai banale.

Fino al 24 gennaio, Galleria del Cembalo, largo della Fontanella Borghese 19, Roma; info: www.galleriadelcembalo.it