Ghirri e Bucchi a Firenze

La mostra dedicata a Luigi Ghirri (Scandiano, 1943 – Reggio nell’Emilia, 1992) alla galleria Poggiali e Forconi di Firenze propone un’antologia di oltre venti fotografie di uno dei più importanti maestri della fotografia del XX secolo. Tra i principali soggetti una delle costanti dell’iconografia ghirriana: i paesaggi e l’architettura. Le immagini sono datate fra gli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta e provengono da alcune serie dell’artista emiliano (da Still Life, a Paesaggio italiano, a Topographie – Iconographie, Il giardino di tutti, a Piazza Betlemme). Ghirri inizia a fotografare a partire dagli anni Settanta confrontandosi con artisti concettuali e ricercando segni nei paesaggi naturali e segni artificiali nell’opera umana e nel paesaggio stesso (manifesti, insegne ma anche cartine geografiche) per poi accostarsi alla fotografia di architettura nel territorio. I suoi paesaggi sono sospesi, non realistici, in qualche modo metafisici, spesso privi di figure umane, ma mai privi di concrete testimonianze dell’intervento dell’uomo sul paesaggio. Le sue foto sono generalmente a colori, che però rimangono sempre delicati, non saturi, come coperti da un velo o avvolti da una nebbia poetica.

Un artista, un teorico dell’arte, un organizzatore culturale, un editore, un protagonista fondamentale del panorama della fotografia e dell’arte in Italia: Ghirri fa scoprire una nuova dimensione della fotografia mischiando con sensibilità reale e irreale. L’irrealtà sta nell’atmosfera e nella percezione di luoghi non luoghi, viaggi dietro l’angolo, prospettive inedite di paesaggi quotidiani. Altra protagonista è la semplicità, la facilità con cui permette di avvicinarci ai sui soggetti, di comprenderli e scoprirli. Una naturalità illusoria che, in un ironico gioco percettivo, rivoluziona il concetto stesso di riproduzione dell’immagine che porta Ghirri all’appropriazione dello spazio fino a metabolizzarlo e a renderlo proprio. Nelle fotografie presentate, grandi protagonisti sono i giardini, una sorta di inventario tra il romantico e lo scientifico; lo stesso Ghirri, infatti, definisce il giardino come “un enorme abbecedario della natura, come il luogo appartato, nelle città, dove si mescolano in una misteriosa sospensione tempo e spazio, organizzazione razionale e forme libere”. Tutti i suoi paesaggi sono ritratti con occhio attento e critico nei confronti di tutti i mutamenti e le trasformazioni del mondo contemporaneo, con spunti di grande intuizione e intelligenza sulle evoluzioni future, anche successive alla sua scomparsa.

In contemporanea con la rassegna antologica dedicata a Ghirri, la galleria presenta, nel suggestivo spazio della project room, Monochrome la personale dell’artista romano Danilo Bucchi (Roma, 1978) che espone per la prima volta a Firenze: una selezione delle ultime opere di Bucchi, alcune realizzate appositamente per la galleria con la particolarissima tecnica di pittura che lo contraddistingue, resa attraverso un marcato segno grafico (utilizza una siringa e non un pennello) volto alla ricerca formale e stilistica della costruzione di figure (pupazzi stilizzati, piccole case e segni).