Arte e vandalismo

Per lavorare nelle Stanze Vaticane, Raffaello dipinge sopra gli affreschi di Piero della Francesca e di Bramantino. Involontari eredi di questo gesto sono i futuristi, i quali nei loro manifesti, con nichilismo demolitore, considerano il passato come un ostacolo da eliminare, il loro sogno? Affondare Venezia, uccidere il chiaro di luna, cancellare i luoghi nei quali il sapere riposa: musei, biblioteche, accademie.

Arte e vandalismo sono due realtà solo apparentemente antitetiche: la creazione e la distruzione dell’opera d’arte sono in realtà più legate di quanto si possa pensare. Il vandalo e l’artista si affascinano a vicenda, si apprezzano e spesso si imitano. Proprio quest’ultimo aspetto complica l’interpretazione di alcuni episodi e la possibilità di discernere un atto vandalico da un gesto artistico di valore iconoclasta. Recente l’episodio della distruzione di un vaso di Ai Weiwei, da parte dell’artista Maximo Caminero, durante la mostra al Perez Art Museum Miami (Pamm), pare per protesta contro i musei americani che acquistano solo costose opere straniere senza promuovere i giovani locali, o forse per emulazione. È solo l’epilogo (per ora) di un’avventurosa storia di sfregi, ripercorribile citando solo alcuni episodi spettacolari. A esempio quello avvenuto in pieno settecento quando La ronda di notte di Rembrandt viene tagliata in due pezzi, in modo da poter rientrare in una nicchia del municipio di Amsterdam. Collocata oggi al Rijksmuseum e custodita in una teca di vetro infrangibile, negli anni, questa sfortunata opera ha subito vari attentati: nel 1915, un calzolaio la graffia; nel 1975, un uomo la lacera con squarci verticali; nel 1990, un olandese la sporca con l’acido solforico. Celebre nel 1972 l’atto di Laszlo Toth che colpisce con quindici martellate La Pietà di Michelangelo, a San Pietro, al grido di «Sono Gesù Cristo»: i giovani artisti residenti all’Istituto Svizzero di Roma inviano al direttore della Biennale di Venezia un telegramma proponendolo come vincitore di quella edizione. O ancora nel 1974 al MoMA di New York è un artista, Tony Shafrazi, con la bomboletta spray a scrivere su Guernica «Kill Lies All».

Certo, bisogna condannare con forza atti tanto irrispettosi, occorre però non limitarsi a parlare solo di barbarie o di inciviltà. Dietro questi episodi c’è qualcosa di più complesso, talvolta difficilmente distinguibile da un atto artistico ufficiale. Tante le considerazioni possibili ma perché non chiudere con un insolito atto d’amore? Torna alla memoria quel che accadde ad Avignone nel luglio del 2007. Un’artista, Rindy Sam, impresse un bacio con il rossetto su una tela bianca di Twombly. Un modo per migliorare quel dipinto, commentò la Rindy, il cui legale, durante il processo, sostenne che, dietro quell’impronta, c’era un «impeto di passione».

 

 

 

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