Il bambino e la mafia

Roma

«Questo libro nasce dalla convinzione che solo i cittadini realmente consapevoli potranno scegliere di stare dalla parte giusta. E la consapevolezza non si acquista dall’oggi al domani, ma va coltivata con passione, come una pianta che cresce molto lentamente. Fin dai banchi di scuola». Parole toccanti quelle scelte dal magistrato Raffaele Cantone nel testo di introduzione del volume Salvo e le mafie (64 pagine, 13.50 euro), scritto da Riccardo Guido – con illustrazioni di Sergio Riccardi – per Sinnos editrice. «La vicenda narrata è di pura invenzione, ma tutti i fatti nel libro e nella storia sono veri. Non vi sembri una contraddizione, leggendo scoprirete che è proprio così», scrive l’autore, consulente della commissione parlamentare antimafia, con cui collabora dal 2000. Nel suo lavoro Guido ripercorre la storia della criminalità organizzata, i delitti, i metodi e le infiltrazioni, senza però esimersi da un circoscritto approfondimento. Egli, infatti, pone particolare attenzione ai modi per contrastare la mafia, alle norme, all’organizzazione della magistratura e a quella delle forze dell’ordine, alle associazioni antimafia e ai principali personaggi che si sono battuti, anche a costo della loro vita, per combatterla.

«La voce narrante non è quella di un magistrato, di un poliziotto o di un eroe dell’antimafia sociale, ma è quella del figlio di un collaboratore di giustizia, un pentito, oppure, secondo la vulgata di alcuni posti, un infame, un traditore», riprende Cantone. Palermitano, undici anni, Salvo ripercorre la storia della sua famiglia, una famiglia di mafia. Il suo bisnonno viveva negli anni in cui la mafia gestiva la campagna e le attività agricole; suo nonno era mafioso quando la criminalità organizzata cominciava ad occuparsi di traffico di droga e speculazione edilizia. Per non parlare del padre di Salvo al quale, dopo la strage di Capaci, viene affidato il compito di seguire l’organizzazione criminale nel nord Italia («il mio bisnonno è nato in un paesino vicino a Agrigento, mio nonno a Palermo e mio padre a Milano. Io dove sono nato non posso dirvelo e dopo vi spiegherò il perché», ammette il bambino). Ma è proprio la sua nascita cambiare la storia di questa famiglia, spingendo il padre a diventare collaboratore di giustizia per offrire a suo figlio un futuro e un nome di cui non debba mai vergognarsi. Sveglio e coraggioso, «Salvo racconta del padre senza mitizzare il passato, anzi comprende e approva la sua decisione di abbandonare il clan; sa che è una scelta difficile, ma sa anche che il padre è andato per la strada giusta, ha abbandonato un mondo fatto di ipocrita senso dell’onore, pieno di lutti e di dolore per la propria famiglia e per quelle di tanti altri ragazzini come lui», conclude Cantone.

Info: www.sinnos.org

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