Mario Schifano

Milano

All’inizio degli anni’70 Mario Schifano ha una crisi nei confronti della pittura, crisi che coincide con un generale ripensamento sulla tradizione pittorica, innescato dal successo delle neoavanguardie concettuali. L’artista allora elabora un immaginario completamente nuovo, basato sulle immagini mediali che scorrono ininterrotte sugli schermi televisivi sempre accesi in casa e nel suo studio. Con la sua particolare sensibilità multimediale Schifano fotografa immagini di ogni tipo trasmesse dalla televisione, preleva e rifonda l’immagine con un’operazione che compenetra fotografia e pittura. Lavora, come sempre, con immediatezza e velocità. La foto passa attraverso la sua manualità pittorica e viene fermata nel tempo. Si perfeziona e si chiarisce quel concetto di “flusso di immagini” di cui è costituita la vita e l’arte di Schifano: la realtà costantemente mediata da un filtro, che la trasforma in immagine. Il processo era iniziato da subito, con i Monocromi dei primi anni sessanta, dove il bordo spesso arrotondato che delimita il campo dell’immagine ricordava la forma del fotogramma o della diapositiva. Negli anni settanta, il concetto si cristallizza nei Paesaggi tv che costituiscono la vera novità della sua produzione in questo decennio (anche se i primissimi esperimenti in tal senso risalgono al 1969). Le immagini, fotografate direttamente dallo schermo televisivo, sono incastonate nella cornice curvilinea del tubo catodico, fermate in una specie d’indifferenza di significato, e la pittura quasi si ritrae limitandosi a qualche macchia di smalto trasparente. Inizialmente sono le fotografie eseguite negli Stati Uniti ad essere oggetto di rielaborazione (opere come Pentagono, Medal of honor, Era nucleare, la Nasa, Alamo gordodall’archivio di Los Alamos), poi il patrimonio di immagini che quotidianamente e incessantemente trasmettono le stazioni televisive. Queste stampe fotografiche a colori dipinte sono state prodotte in modo massiccio negli anni’80/90 ed erano il suo modo di essere parte del sistema mediatico giorno dopo giorno. Lavorare con una tv accesa ogni momento, gli ha dato l’opportunità di creare migliaia di istantanee e di immagini che erano dipinte a mano o ritoccate con penne e pennelli. Un flusso continuo di immagini in grado di generare percezioni astratte della realtà. È una serie numerosissima, ossessiva come l’orologio del segnale orario che indica l’ora esatta e che all’interno di questo ciclo si ripete come una figura ironicamente tragica. Non è la cultura della tvche gli interessa, ma la cultura che si sviluppa a partire dall’immagine televisiva.

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