Il mito del marmo

Dai cavatori del monte Corchia agli artigiani di Pietrasanta (Lu), fino agli scultori di fama mondiale che si aggirano indisturbati per le vie del paese versiliese, c’è un tratto distintivo che accomuna il loro aspetto: le mani. Tozze, robuste, callose. Non c’è dubbio che anche quelle di Michelangelo fossero così, quando nel Cinquecento come un gatto s’inerpicava per i sentieri di queste montagne alla ricerca dei marmi migliori. In questi luoghi nel corso dei secoli la natura morfologica del territorio è diventata tradizione. La tradizione si è fatta arte. E l’arte ha regalato prestigio e qualità a questa terra, che oggi è riconosciuta a livello mondiale come la culla del marmo e dell’artigianato artistico che lo lavora con singolare maestrìa. Lo sanno gli accademici, che a Carrara hanno fondato nel 1769 l’Accademia di Belle arti. E lo sanno gli artisti, soprattutto gli scultori, che a Pietrasanta e dintorni trovano non solo i materiali migliori, ma anche le maestranze artigiane più rinomate di tutto il mondo. In questi luoghi nomi celebri come Botero e Mitoraj hanno fissato la loro dimora professionale. Da alcune delle botteghe di questi vicoli partiranno, con destinazione Mosca, Tokyo, New York, Parigi o Shanghai opere destinate a entrare nell’eternità.

LA CAVA. Ma il processo inizia da lontano. Bisogna salire circa 1.500 metri sopra il livello del mare. È qui che nasce tutto, da secoli. La “pietra splendente” è cavata a quest’altitudine, dove le cime delle Alpi Apuane sono avvolte nella nebbia. Le “tane” del marmo sono come delle città scavate all’interno della montagna. E domare una montagna non è cosa facile, al contrario. È compito duro, rumoroso, temerario. Come il lavoro dei cavatori, esperti coltivatori della pietra, che sanno come entrare nella roccia, come scavarla e come governarla, nel rispetto dell’ambiente e dell’ecosistema. Da massa informe e insidiosa tagliano il marmo in blocchi e poi lo trasportano a valle. Oggi la tecnologia rende più agevole il trasporto. Ma una volta questo lo facevano i lizzatori, che con funi e paletti accompagnavano i pesanti massi bianchi e squadrati fino al mare. In queste zone si estraggono varietà di marmo tra le più pregiate al mondo, l’Arabescato Corchia e il Venato Statuario. Le cave sono l’autentico motore dell’economia di questa terra. E di queste miniere d’oro bianco ce ne sono molte. Ma una di queste non è come le altre. La cava del Piastraio, infatti, è uno dei cantieri estrattivi della cooperativa Condomini Levigliani, che nelle sue origini nasconde una delle esperienze cooperativistiche più appassionanti nella storia del dopoguerra. Si tratta di una comunità di famiglie che da generazioni vivono grazie al lavoro estrattivo e che, negli anni Cinquanta, al termine di una lunga battaglia legale ha riscattato le cave del monte Corchia dal precedente proprietario, diventandone titolare. La cooperativa ha fatto tesoro di questo talento. Ha gestito e amministrato con molta parsimonia l’immenso patrimonio, reinvestendo gli utili a vantaggio delle comunità montane dell’area che vi lavorano, creando lavoro e ricchezza per tutti, senza mai svendere e dequalificare il prodotto. Con il risultato che oggi questi piccoli paesini conservano un’immagine molto lontana da molti piccoli borghi italiani in via di abbandono. Sono ridenti, attivi, abitati e pieni di giovani. Una storia, questa, che, come un blocco di marmo, ha acquisito un valore socio economico di gigantesca portata, tanto che nel 2008 i fondatori della cooperativa sono stati nominati Cavalieri del Lavoro dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

DALLA NATURA ALL’ARTE. Pietrasanta è una cittadina stupefacente. In un piccolo agglomerato di vie è concentrato un patrimonio artistico d’inestimabile valore. BoteroMitoraj, Messina, Folon, Moore e molti altri sono passati di qua e hanno lasciato il segno. Le loro opere decorano molti angoli della città. La piazza del Duomo, poi, è un avvincente itinerario a cielo aperto nella storia dell’arte. Vi convivono in un delicato equilibrio un tratto dell’era medicea, con la Collegiata di San Martino e il suo campanile, datati XIV secolo, e le itineranti sculture di arte contemporanea: in questi giorni Gustavo Velez (nella foto a destra con Adolfo Agolini), con le sue opere di marmo, bronzo e acciaio, dalle forme taglienti e affusolate. Prima di lui Botero con i suoi soggetti panciuti e sinuosi. Qui espongono questi nomi. E c’è un motivo per cui Pietrasanta è considerata la città dei grandi artisti. Per scoprirlo basta rivolgersi ai suoi artigiani, che nella catena produttiva dell’arte rappresentano l’asso nella manica dell’artista. La Versilia è la patria del marmo, è vero. Ma questi maestri trattano con grande abilità anche il bronzo, l’argento, l’acciaio, la ceramica, il ferro. E lavorano le tecniche più disparate, dal mosaico, alla fonderia, dall’intarsio alla stamperia d’arte. Si tratta dell’artigianato artistico, un fiore all’occhiello della manifattura artistica made in Italy, che in Versilia, e a Pietrasanta in particolare, ha uno dei suoi principali baluardi in termini di esperienza e tradizione. «Qui gli artigiani sanno fare gli occhi alle mosche – spiega Adolfo Agolini, presidente dell’associazione Artigianart, l’ente che rappresenta questo tessuto produttivo – qui gli artisti trovano una sorta di supermarket. Hanno a disposizione le migliori maestranze. Non solo. Se devono commissionare un lavoro hanno la possibilità di scegliere tra varie botteghe dello stesso settore, tutte nello stesso luogo, senza bisogno di andare altrove. Tutto il meglio, a portata di mano, questo per loro è una grande comodità». E capita che mentre giri per la sua bottega arriva Gustavo Velez, per dare le sue ultime dritte all’artigiano per un’opera. Gli chiedi: «Che significa lavorare con un artigiano di Pietrasanta?». «Qui sono i numeri uno», risponde secco.

IL TERRITORIO E IL MUSA. Da Pietrasanta a Forte dei Marmi fino a Massa Carrara, la Versilia è depositaria di un grande bagaglio di esperienze artistiche, di storie, di cultura e di esempi di intraprendenza a servizio del territorio. Basti pensare, oltre alla cooperativa Condomini Levigliani, alla Casa museo Ugo Guidi, a Forte dei Marmi, un tempo dimora del grande scultore toscano e oggi piccolo museo domestico, diretto da suo figlio Vittorio. Qui è raccolta la produzione dell’artista scomparso nel ’77: sculture e dipinti che hanno viaggiato il mondo, ma che sono sempre tornati a “casa”, dove sono custoditi gelosamente dalla comunità, a disposizione del pubblico, e destinati a preservare la memoria di un grande artista versiliese. Per conservare, raccontare e veicolare al mondo questo patrimonio di storie ed eccellenze e per far conoscere, soprattutto, l’intrigante mondo del marmo la Camera di commercio di Lucca ha messo in piedi una sinergia con vari partner istituzionali, imprenditoriali e artistici, che è sfociata nel progetto del Musa, il museo virtuale della scultura e dell’architettura. Una vera e propria casa di rappresentanza delle maestranze e degli artisti, in cui il territorio versiliese si racconta attraverso il suo passato e il suo presente. Lo fa attraverso contenuti virtuali, video e immagini, che lasciano il passo a una suggestione: questo è il marmo di Michelangelo, questa è Pietrasanta, la città degli artisti e degli artigiani, questa è la patria dell’eccellenza. «Una tecnica di cosiddetto marketing artistico – spiega Massimo Marsili, dirigente dell’area Promozione e sviluppo per le imprese della Camera di commercio di Lucca – per promuovere in Italia e all’estero le capacità e le particolarità del nostro territorio». Un esperimento che manifesta un’intuizione, come recita una delle formule coniate da Cesare Monti, il curatore dell’ultima mostra allestita al Musa, intitolata Leggera Materia: «Il passato deve essere così presente da diventare futuro».

 

 

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