Nel segno del Leone. Mecenatismo culturale di papi che amavano l’arte

Nel corso dei secoli, sono 13 i pontefici passati alla storia sotto il nome di Leone. Tra questi, alcuni sono stati importanti protettori d'artisti, fautori di una preziosa eredità culturale

Nomen, omen. Una scelta importante quella dell’ormai ex cardinale Robert Francis Prevost, ormai per tutti Leone XIV. Come risaputo, il nome deciso dai papi è spesso considerato un primo possibile indizio delle altre scelte che prenderanno durante il loro pontificato e Francesco, per Bergoglio, ne è stata dimostrazione esemplare.

Un appellativo dal sapore millenario quello di Leone, che unisce la venerabile tradizione romana alla sensibilità della Chiesa moderna: il primo, eletto nel IV secolo, fu il dissuasore di Attila Leone Magno e per alcuni studiosi, anche il primo ad essere seppellito a San Pietro: celebre è l’affresco realizzato da Raffaello nelle Stanze Vaticane, L’Incontro di Leone Magno con Attila, che ne ricorda l’episodio. Leone XIII invece, fu un pontefice dalla forte connotazione sociopolitica – tanto da essere ricordato come “Papa delle encicliche” e visse oltre un secolo fa.

Tra i vari “felini papali” però, alcuni furono veri e propri mecenati culturali, fautori di una preziosa eredità che ancora oggi gelosamente custodiamo e che rende Roma scrigno artistico per eccellenza. E se è vero che nei predecessori si può intuire l’orientamento del nuovo papato, ci auguriamo che papa Prevost abbracci il lascito culturale di Francesco che, lontano da ogni estetismo, riteneva l’arte “un antidoto contro la mentalità del calcolo”.

Leone III e la committenza nella Roma carolingia

Leone III, nato e cresciuto a Roma, regnò dal 795 all’816. All’interno del Liber pontificalis emerge una straordinaria densità di citazioni di opere d’arte, che lo dipingono come un costruttore di edifici splendidamente decorati con mosaici e rivestiti di marmi o donatore di preziose oreficerie. Tuttavia, sono poche le tracce materiali che a oggi rimangono in città, ma nonostante queste lacune, la ricostruzione della sua attività restituisce la figura di uno dei più grandi papi committenti del Medioevo che utilizzò le arti come strumento di propaganda e di affermazione del primato di Roma e del Papato, in particolare in relazione alla rinascita del potere imperiale in Occidente a seguito dell’incoronazione di Carlo Magno, da lui celebrato nella Basilica di San Pietro il 25 dicembre dell’800.

Tra le tracce del suo patrimonio, il Triclinio leoniano posto a destra della Scala Santa. Attualmente si presenta come un’abside aperta sulla piazza, in base alla sistemazione di Ferdinando Fuga del 1743, che restaurò anche il mosaico. In origine era una delle tre absidi della sala da pranzo pontificia dell’antico Patriarchio Lateranense, eretta da proprio da Leone III nell’VIII secolo e demolita nel 1733.

Leone IV e le Mura Leonine

Costruite per volontà di Papa Leone IV nel IX secolo, le Mura Leonine nascono per proteggere la Basilica di San Pietro dalle incursioni saracene. La struttura muraria originaria continua a delimitare un’area che richiama la memoria di un’epoca di grandi trasformazioni politiche e sociali. Pur avendo perso la loro funzione di difesa militare, rimangono un importante retaggio architettonico dell’epoca, simbolo tangibile anche della storia artistica di Roma.

Il papa mediceo e Raffaello, sovrintendente ante litteram

Successore di Giulio II, Leone X – Giovanni de Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico – rese Roma una città di stampo rinascimentale come Firenze. Papa particolarmente amante del lusso, divenne presto famoso per le feste nella sua corte, composta da poeti, filosofi e artisti vari. Non solamente uomo degli eccessi ma anche e sopratutto un regnante che, più di altri, si preoccupò della fragile memoria della città eterna.

Fu infatti il primo pontefice ad avvalersi di una politica di conservazione, ordinando a Raffaello di catalogare tutte le antichità romane in un vero e proprio censimento che portò il Sanzio a criticare apertamente la scarsa considerazione che molti, pontefici inclusi, ebbero nei confronti delle vestigia della Roma antica. La Lettera a Leone X, redatta dal pittore assieme a Baldassarre Castiglione è un concreto paradigma di exempla humanitatis, punto di riferimento imprescindibile per la legislazione adottata successivamente dagli Stati europei sulla protezione del patrimonio artistico e culturale: basti pensare all’Articolo 9 della Costituzione Italiana, che “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

E, fu proprio Leone X, a commissionare il principale ciclo di affreschi realizzato da maestro urbinate, noto con il nome di Loggia. L’ambiente, confinante con le Stanze Vaticane, è posto al secondo piano del palazzo apostolico ed è stato definito dall’ex direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci come “la più importante eredità artistica di Raffaello”.

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