Artificiale, umano, tecnologico e naturale. D3CAM3RON3 a Palazzo Lucarini 

A Trevi inaugura la mostra collettiva risultato della residenza artistica D3CAM3RON3, progetto fondato e diretto da Francesca Cornacchini

Lo scorso 23 marzo ha aperto a Palazzo Lucarini, a Trevi, la mostra collettiva Il diavolo mangia zuppa calda, risultato della residenza artistica D3CAM3RON3svoltasi a Casa Francesconi (Casco dell’Acqua, PG) dal 16 al 26 gennaio 2025. La restituzione, curata da Irene Angenica e Davide Lunerti, presenta le opere di otto artisti, Pier Alfeo, Sveva Angeletti, Cristiano Carotti, Giorgio Di Noto, Gabriele Ermini, Andrea Mauti, Lorenzo Silvestri e Carlotta Valente.

La mostra si muove su un doppio binario di analisi apparentemente parallelo e mai destinato all’incontro, ma in questa occasione convergente e intersecato invece in un progetto di coesistenza: da una parte l’isolamento, la campagna deserta e boccacciana nelle notti silenziose e la contemplazione solitaria; dall’altro la coabitazione in tale ambiente, l’incontro con l’altro, la riflessione comune e lo svago. Le due tracce trovano riscontro nelle opere, ma anche nelle istanze fondatrici della residenza. D3CAM3RON3 è infatti un progetto fondato da Francesca Cornacchini, arrivato quest’anno alla sua terza edizione: si ambienta nella villa storica di Casa Francesconi, sede di un cenacolo culturale per tutto l’Ottocento, in cui si riunivano poeti, nobili, politici e intellettuali.

Questo è solo uno egli elementi con cui si sostanzia la vicinanza della residenza con l’opera boccacciana. L’allontanamento dalla città è inteso come una reinterpretazione della volontà dei protagoniste dell’opera a sopravvivere alla peste: in questo caso, si vuole creare un rifugio “dall’iperproduttività capitalistica e della febbre della fast culture”. Non a caso, a differenza di molte altre residenza per artisti, non vi è l’obbligo di realizzare nuove produzioni nel corso della permanenza: quest’idea determina un ulteriore distacco dalla logica produttiva e anche da una visione, spesso comune, di produzione artistica intensiva e finalizzata all’evento.

Il Decamerone, preso come linea guida, non poteva non aggiungere anche una linea giocosa nella costruzione delle attività e della residenza: il titolo della mostra proviene da una rielaborazione del gioco surrealista del “cadavere squisito”, dal francese cadavre equis, iniziato a Parigi nel 1925. Il gioco prevede la scrittura a più mani di una frase, composta attraverso parole casuali in cui ogni partecipante non conosce il contributo degli altri. Nel tempo poi il gioco si è evoluto anche nella sua componente visuale, in cui immagini venivano accostate dai partecipanti senza un obbiettivo comune e dando libera espressione all’immaginazione. Questo tipo di attività incarna il secondo aspetto della residenza, quello della relazione, aggiungendo alla creatività un carattere ludico e conviviale.

Il gioco, momento collettivo serale, ha infatti sancito l’“osmosi organica fra spazio e contenuto”, come afferma Francesca Cornacchini: la compagnia, l’ambiente notturno e surreale, le riflessioni e lo svago hanno rallentato e condensato il tempo. Proprio questa percezione alterata del tempo caratterizza alcune opere, dal collage di Lorenzo Silvestri ai disegni di Gabriele Ermini, dalle cianotipie di Carlotta Valente alle stampe su carta termica di Giorgio Di Noto. Il distacco dalla città, dall’artificio ha permesso ad alcuni artisti di riflettere sulla relazione tra natura, cultura e tecnologia, come l’opera di Sveva Angeletti che riflette il rapporto fra uomo e macchina. L’installazione sonora Meccaniche dell’anima di Pier Alfeo riprende questa fusione nella creazione di una figura ancestrale ispirata alla divinità thailandese Naga, modellata attraverso una serie di componenti industriali: un “cyborg deturpato” protettore della natura dall’intervento umano.

Di creature vive, dell’intromissione dell’artificiale nell’equilibrio naturale è composta l’opera di Cristiano Carotti e Pier Alfeo, che riflette sulla morte delle specie viventi, in questo caso di uccelli, attraverso comportamenti umani deresponsabilizzati. Andrea Mauti riflette sulla macchina, in particolare l’automobile, a seguito di un incidente stradale vissuto nel 2020: i frammenti rimasti dallo scontro vengono sospesi, come a voler riprendere il momento istantaneo ma allo stesso tempo dilatato dell’impatto astraendolo da spazio e tempo, come durante l’esperienza della residenza.

Alcuni elementi della permanenza umbra diventano parti di alcune opere, come nel collage di Lorenzo Silvestri, che utilizza foto di oggetti fatte durante il periodo passato a Casa Francesconi insieme a immagini da lui scattate del paesaggio urbano. Il tecnologico e il meccanico si fanno anche gesto, come nei disegni di Gabriele Ermini che riprendono la ripetitività manuale come strumento per il raggiungimento di una concentrazione e contemplazione profonda, come avvenuto nel tempo della residenza. Anche Giorgio Di Noto struttura le sue stampe sulla meccanicità tecnologica, di una stampante imperfetta, malfunzionante, che altera le immagini distorcendole. Carlotta Valente durante la residenza registra l’andamento del fiume Clitunno in video, e ci lavora poi per fotogrammi, restituendo attimi lenti di un andamento al contrario concitato; imprime poi le ombre degli alberi di Casa Francesconi su carta fotosensibile, realizzando una traccia della natura senza invaderla o alterarla.

Visitabile fino al 4 maggio, la mostra è un esempio di pratica e ricerca artistica innovativa e resistente, che trova spazi d’interstizio per costruirsi il proprio angolo di autonomia.  Ogni artista ha trasformato la percezione della residenza in una riflessione personale, rendendo la mostra ricca di opere differenti, multimediali, ma legate da un’aura, forse restituendo proprio quella sospensione spaziotemporale dell’isolamento bucolico. La fuga dal mondo iperproduttivo urbano è riuscita, si raccolgono le testimonianze.

Il diavolo mangia zuppa calda
a cura di Irene Angenica e Davide Lunerti
fino al 4 maggio 2025
Palazzo Lucarini, Trevi
info: palazzolucarini.it

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