Catherine Gund al TAFF: «L’arte mostra ciò che è possibile»

Dopo la proiezione, la regista Catherine Gund ha risposto alle domande del pubblico del TAFF sul suo film "Paint me a road out of here"

Con il suo Paint me a road out of here, la regista americana Catherine Gund è tra i protagonisti dell’Art Film Fest (TAFF), la rassegna organizzata da Inside Art e GNAM dedicata al documentario d’autore. Nel corso del festival, che esplora dal 10 al 13 settembre le compenetrazioni tra arte e cinema, la seconda serata si è conclusa con la proiezione del film della regista statunitense, presente in sala anche per le domande del pubblico.

Catherine Gund, una carriera tra cinema e società

Produttrice, regista e scrittrice americana, ma originaria di Geelong (Australia), Catherine Gund ha alle spalle decine di prodotti audiovisivi, fin dall’inizio caratterizzati da una matrice attivistica. I primi lavori video, infatti si sono concentrati sull’attivismo contro l’AIDS e sulla comunità LGBTQ+, come Bleach, Teach, and Outreach (1989, coprodotto con Ray Navarro), un documentario sull’emergere di un programma di scambio di siringhe sponsorizzato dalla città per combattere la diffusione dell’HIV, e 
Keep Your Laws Off My Body (1990, coprodotto con Zoe Leonard ), dedicato alla censura e alla legislazione contro la privacy e i corpi lesbici. Fin dai primi lavori, quindi, Catherine Gund ha scelto il linguaggio del documentario, per poi fondare nel 1996 Aubin Pictures, una società di documentari senza scopo di lucro con lo studioso e attivista Scot Nakagawa.

Dopo oltre 30 anni di carriera, la regista americana è approdata alla GNAM di Roma in occasione del TAFF con il suo Paint me a road out of here, che narra le vicende del dipinto monumentale per le donne detenute nel carcere di Rikers Island realizzato nel 1971 dall’artista Faith Ringgold. Con la partecipazione di quest’ultima, scomparsa dopo la fine delle riprese lo scorso aprile 2024, e dell’artista Mary Enoch Elizabeth Baxter, il documentario segue il viaggio di 50 anni del dipinto da Rikers Island al Brooklyn Museum in una parabola straziante, divertente e vera per un mondo senza incarcerazione di massa, mettendo al tempo stesso in luce il potere dell’arte di affermare, guarire e infine trasformare persone e istituzioni.

Il documentario come forma di utopia sociale

Al termine della proiezione, il pubblico del TAFF ha avuto l’opportunità di intervenire, ponendo domande e curiosità alla regista in sala. Entrando nel vivo della poetica dell’artista, una spettatrice ha chiesto a Catherine Gund quale fosse la sua idea di arte in relazione ai cambiamenti sociali. «Qualcuno direbbe che arte e giustizia sono la stessa cosa – ha affermato la regista – perché entrambe riguardano qualcosa che non esiste e lavorano affinché possa diventare reale. L’arte offre quindi l’opportunità di vedere ciò che è possibile, permette di immaginare un cambiamento».