È del giovane artista Lorenzo Veneri l’installazione pittorica esposta nella Galleria centrale del Policlinico Tor Vergata. Composta da sette pannelli in plexiglass, la mostra immersiva dà voce a una riflessione sui disturbi alimentari e la percezione del corpo. L’intervento, che sarà esposto fino al 25 maggio, è stato proposto dall’associazione e galleria Agarte – Fucina delle Arti.
Il percorso, dal titolo Am I good enough?, è stato inaugurato alla presenza dell’artista e del curatore Alessandro Giansanti, oltre a Filippo Maria Morrone e Samuele Ricciardi del Collettivo Spinabella, che hanno curato le tracce audio, e Andrea Ranallo, che si è occupato delle grafiche. Ampia partecipazione da parte dei ranghi dirigenziali del Policlinico Tor Vergata, come il Direttore Generale del PTV, Prof. Andrea Magrini, il Prof. Antonino De Lorenzo, Direttore UOC Epatologia e Nutrizione Clinica del PTV, e la Prof.ssa Rosaria Alvaro, ProRettrice delegata alle Politiche di Innovazione Sociale della Università degli studi di Roma Tor Vergata.

«Il corpo può essere questo e molto altro ancora, sembra variare nelle sue diverse accezioni e declinazioni in base al valore che gli viene attribuito dalla persona che lo osserva, da quella che lo vive e da quella che lo idealizza». Questa la dichiarazione dell’artista, che ha scelto di raccontare con la sua installazione la ricerca di una bellezza irraggiungibile capace di innescare un senso di svalutazione e mortificazione, diventando fonte di sofferenza e di vergogna. Le opere sensibilizzano infatti sull’impatto dei disturbi alimentari nella società, creando uno spazio di riflessione sulle tematiche attinenti alla bulimia, anoressia e dismorfofobia.
Alessandro Giansanti, il curatore dell’esposizione, ha infatti raccontato: «Lorenzo è un giovane creativo che colpì la mia attenzione per le implicazioni di un lavoro in particolare, quello sui corpi. Un ragazzo del ’99 figlio dei tempi dei Social, che parla dell’impatto che essi hanno sul nostro corpo. Era chiara la destinazione: l’opera doveva stare tra le persone. Ma perché proprio in un ospedale? Perché in ospedale si cura il corpo e l’anima ed io, come curatore, mi prendo cura di qualcuno attraverso di un’opera».
