Mark Rothko, là dove lo sguardo sembra annegare

La mostra di Mark Rothko alla Fondation Louis Vuitton di Parigi restituisce un'esperienza unica a tu per tu con le tele del grande artista

“La pittura è il ritratto di un’idea”. Ma è un ritratto difficile, l’esito di un percorso tormentato, a volte tellurico per i sovvertimenti che richiede. Soprattutto se si è un artista esigente, ambiziosissimo, non tanto per la considerazione di sé, ma per il compito, il ruolo che l’arte è chiamata a svolgere.

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Mark Rothko, No. 14, 1960. San Francisco Museum of Modern Art Helen Crocker Russell Fund purchase. © 1998 Kate Rothko Prizel & Christopher Rothko – Adagp, Paris, 2023

La bella, grande (115 opere), esaustiva mostra dedicata all’artista lettone di nascita e americano di adozione, Mark Rothko, ospitata alla Fondation Louis Vuitton di Parigi e magistralmente curata dalla direttrice della stessa Fondazione, Susanne Pagé, insieme al figlio dell’artista, Christopher Rothko, racconta uno dei più affascinanti, rischiosi ed entusiasmanti viaggi nella pittura del Novecento.

Le sale del piano terra mettono in mostra gli inizi di Rothko quando, dopo aver frequentato un po’ di scuole d’arte senza particolare entusiasmo – meglio lo studio della filosofia, diceva – un giorno capita per caso in una classe dove era in corso una lezione di nudo e capisce che quella, invece, è la sua strada. E finalmente comincia a dipingere.

All’inizio sono quadri di genere: gente in metropolitana e per strada, dove si colgono le prime influenze surrealiste, che diventano più evidenti in seguito, anche se Rothko afferma di “contestare i surrealisti e l’arte astratta come un figlio contesta i genitori”, dichiarandosi apertamente “antiespressionista”.

Ma le emozioni vere che questa mostra epocale ci regala cominciano quando la sua pittura comincia a dilatarsi, le forme iniziano a sfaldarsi a favore del colore, anzi dei colori, che possono essere luminosi come cupi, ma destinati ugualmente a diventare protagonisti assoluti del suo lavoro. Allo stesso tempo le tele si fanno sempre più grandi. Inizia così, sotto i nostri occhi, quella trasformazione che ci permette quell’ “autentico matrimonio di spiriti” tra opera e spettatore che voleva l’artista. Accade, insomma, il miracolo di quelle enigmatiche e sconfinate campiture di colore dove, via via che si procede nella mostra, lo sguardo sembra annegare.

Si tratta di un’arte capace di creare lo spazio, partendo dalla negazione del senso comune della spazialità. Uno spazio che è solo, assolutamente pittorico, partecipato da un solo spettatore alla volta. In condizioni molto particolari: poca luce, possibilità di avvicinarsi molto all’opera, che deve essere senza cornice perché la pittura non ne ha bisogno e anzi con i contorni dei colori spesso sfrangiati, sovrapposti, quasi ad indicare la prosecuzione dell’opera, della pittura, oltre la tela.

Vue d’installation de l’exposition Mark Rothko, galerie 2, niveau -1, salle Multiformes et début des oeuvres dites« classiques »© 1998 Kate Rothko Prizel & Christopher Rothko – Adagp,Paris, 2023

Criteri che la mostra ha intelligentemente cercato di rispettare permettendoci di avvicinarci tantissimo all’opera, e l’esperienza che si fa di questo incontro è fortissima.

Ma la mostra è di grande richiamo, quindi sono rari i momenti, salendo lungo i piani della fondazione dove sono allineate opere sempre più grandi, in cui si riesce ad avere questo incontro puro con la pittura di Rothko. E chissà come avrebbe reagito lui, vedendo tutta quella gente, le decine di teste che si affollano davanti ai suoi quadri. L’avrebbe maledetta, ritirando forse tutte le sue opere, come fece con i 9 dipinti destinati al ristorante Four Seasons di New York, mai installati in “un posto dove i più ricchi bastardi di New York andranno a nutrirsi e a pavoneggiarsi”, aveva tuonato lui, che oggi sono in collezione alla Tate Modern di Londra che li ha eccezionalmente prestati per la mostra parigina.

Vue d’installation de l’exposition Mark Rothko, galerie 5, niveau 1, salle Seagram MuralsParis.© 1998 Kate Rothko Prizel & Christopher Rothko – Adagp,Paris, 2023

Sì, perché Rothko aveva un autentico caratteraccio, difficile forse da pensare per un artista come lui, che ha un’idea della pittura rigorosamente governata dal pensiero e dove il colore “non è più tinteggiatura, ma materiale di costruzione”, come ha detto Argan. Costruzione per un modo altro che ci porta letteralmente altrove. 

La rassegna si chiude con un particolare vis-à-vis, che è l’omaggio postumo a un desiderio di Rothko. Cinque neri su grigio, tra gli ultimi lavori dell’artista che muore suicida nel febbraio del 1970, dialogano, si specchiano, sono guardati da due affilate, drammatiche sculture di Giacometti: L’homme qui marche e la Grande Femme III. È come una sorta di quadratura del cerchio. Ma nel silenzio, nell’inestimabile e catturante grande vuoto o, a seconda dell’interpretazione, grande spazio dell’arte creato da questo insuperabile artista.  

Info: fondationlouisvuitton.fr/en/events/mark-rothko

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