La costante di Cronenberg: “Cere anatomiche” alla Fondazione Prada

La mostra riunisce tredici ceroplastiche del XVIII secolo provenienti dalla prestigiosa raccolta del museo fiorentino, e un inedito cortometraggio, realizzato dal regista negli spazi della Specola

Cere anatomiche: La Specola di Firenze | David Cronenberg, exhibition view at Fondazione Prada, Milan. Photo Roberto Marossi. Courtesy Fondazione Prada
Four Unloved Women, Adrift on a Purposeless Sea, Experience the Ecstasy of 
Dissection
, 2023. A film by David Cronenberg, produced by Fondazione Prada

Quando Italo Calvino, nel 1980, scrisse del Museo delle cere anatomiche del Dr. Spitzer, visitato nella sua temporanea ricostruzione parigina al Centro Culturale Belga, ne registrò innanzitutto la costante programmatica: «l’intento educativo e moralizzante», «una pedagogia del raccapriccio» finalizzata a instillare nei giovani «il terrore delle malattie veneree e dell’alcolismo». Insieme a dettagli relativi all’allestimento – «nella ricostruzione dell’ambiente si è cercato di conservare l’atmosfera tra lo scientifico e il losco, insieme di laboratorio ospedaliero, d’obitorio e di baraccone da luna park» – Calvino sottolinea come le cere di Spitzer, il cui «mondo visuale» ha nel sadismo la sua «componente essenziale», si differenziassero da quelle del fiorentino Clemente Susini, segnate invece da uno Zetgeist settecentesco. Il percorso espositivo viene interpretato come un invito «a fissare gli occhi su ciò da cui siamo di solito inclini a distoglierli: le alterazioni possibili della nostra carne, la fisionomia nascosta delle nostre viscere, lo strazio che risentiamo in noi stessi se assistiamo a un’operazione chirurgica», un invito che Calvino non accoglie in toto: «al di là delle note d’atmosfera, l’esposizione del Dr. Spitzer non può avere in me un buon cronista: il mio sguardo tendeva istintivamente a sfuggire da ogni immagine in cui il dentro s’effonde nel fuori». Una delle attrazioni di maggior successo del museo pare fosse la “Venere anatomica”, «smontabile in quaranta pezzi, passando dalla fragranza seducente dell’epidermide al cupo intrico dei vasi sanguigni e dei gangli, al groviglio dei nervi, alla bianchezza dello scheletro». Mentre l’area più problematica quella dedicata alle rappresentazioni delle fasi del parto e delle operazioni ginecologiche, definite «l’esempio di fantasia sadico-surrealista più incredibile». Il livello pedagogico, quindi, si intreccia e si perde di continuo in quello del mostruoso, del raccapricciante, del deforme (da Collezione di sabbia, Mondadori 1994). 

Il Clemente Susini citato da Calvino è stato un ceroplasta e modellatore di figure anatomiche che ha legato la sua vita e la sua attività al Regio Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze, e alla relativa officina di ceroplastica nota come La Specola (nata nel 1775), la cui straordinaria collezione ha nella sezione anatomica uno dei suoi tratti più preziosi. Proprio questa istituzione, e la sua collezione, sono state intercettate dalla Fondazione Prada di Milano, che porta avanti da tempo un programma di ospitalità museale, intrecci culturali, sovrapposizioni temporali e collaborazioni istituzionali. Il risultato di questa strategia è, oggi, Cere anatomiche: La Specola di Firenze | Cronenberg, la mostra allestita nello spazio del Podium visitabile fino al 17 luglio 2023. E rinsalda, anche con questa esposizione, il rapporto con grandi registi cinematografici.

David Cronenberg è infatti protagonista assoluto di un’esperienza estetica che si aggancia perfettamente al suo cinema e alle tematiche di alcuni dei suoi film più importanti. È possibile, in particolare, individuare un filo rosso che unisce e mette a reagire due pellicole come Dead Ringers (1988) – recentemente rifatta in forma seriale con transizione di genere che vede protagonista una strepitosamente angosciante Rachel Weisz – e Crimes of the Future (2022), dove, all’interno del macro-tema del corpo, si sostanzia una riflessione sul concetto di “bellezza interiore” che, nel primo caso, muove l’azione e le convinzioni dei gemelli Mantle, ginecologi innovatori interpretati da Jeremy Irons; nel secondo è base stabile di una riflessione più ampia che chiama in causa tutto il cinema di Cronenberg e, anche, il suo rapporto con l’arte. Se in Dead Ringers Jeremy Irons cerca nell’artigianalità di un artista contemporaneo la strada per realizzare una differente e inquietante strumentazione ginecologica per operare donne mutanti – la risposta dell’artista suona profetica: «Affascinante! Il tema è eccezionale per una mostra» – in Crimes of the Future gli stessi protagonisti (Viggo Mortensen e Lea Sèydoux) sono artisti che sperimentano una chirurgia performativa estrema che problematizza una mutata condizione umana all’interno di un sistema sociale post-collasso dove, per l’appunto, “la chirurgia è il nuovo sesso” e la simbiosi tra corpo e macchina ha ormai sovvertito ogni tradizionale categoria di senso.

Le corrispondenze tematiche, estetiche e concettuali tra i film di Cronenberg e la mostra alla Fondazione Prada si condensano in Four Unloved Women, Adrift on a Purposeless Sea, Experience the Ecstasy of Dissection, il video realizzato dal regista canadese, esposto al piano terra del Podium in una struttura che è un ibrido tra i tradizionali teatri anatomici e lo spazio delle performance di Crimes of the Future. Qui Cronenberg, dopo aver visitato e studiato la collezione della Specola, ne travalica i confini pedagogici: sceglie quattro Veneri anatomiche per costruire una narrazione alternativa: «Voglio sradicare le sculture dal loro contesto storico e tralasciare il motivo per cui sono state create o la società di quel tempo. Le considero donne contemporanee con cui interagisco in una maniera insolita. Lo stesso aspetto si riscontra nel mio film del 1988 Inseparabili (Dead Ringers), in cui uno dei personaggi dice: «Dovrebbero fare dei concorsi di bellezza anche per l’interno dei corpi, per esempio il rene più bello o i polmoni perfetti. Ho messo in discussione il nostro senso estetico, il modo in cui percepiamo ciò che è bello e ciò che non lo è. Quando osserviamo una bella donna o un bell’uomo, abbiamo a che fare solo con la superficie. L’interno dei loro corpi non è altrettanto bello?».

Il cortometraggio, girato negli spazi della Specola, sfrutta la mancanza di sofferenza nei volti realizzati dall’officina di Susini per trasportare digitalmente le quattro donne su altrettanti materassini galleggianti in una immaginaria piscina; una trasposizione che, anche grazie alla traccia audio, è diretta verso i territori dell’estasi e del godimento. La duplicità di lettura calviniana viene qui sovvertita: il mostruoso e raccapricciante delle interiora umane rappresentano per Cronenberg una possibilità di lavorare a un concetto nuovo di bellezza, di una bellezza interiore che, attraverso quella ceroplastica che anche Mario Praz ammette al dominio dell’arte, consente una “diversa percezione estetica del corpo”. Il film, dunque, è dichiarazione d’intenti e posizionamento di Cronenberg all’interno di un progetto espositivo che comunque al primo piano cerca di mantenere quella dimensione pedagogica che è marchio illuministico dell’eccezionale collezione fiorentina e che, in un allestimento a metà strada tra la wunderkammer e il black museum, propone una successione ordinatissima di teche (originali) contenenti le quattro Veneri anatomiche (tre dalla sezione del Sistema Linfatico e una dalla sezione di Ostetricia), varie parti uterine e settantadue copie espositive di disegni anatomici.

Un progetto espositivo ambizioso e conturbante che, come spesso accade da quelle parti, è completato da un catalogo ponderoso e polifonico chiuso dalle parole destinali di Cronenberg: «La questione è sempre capire di che cosa si occupa l’arte. L’arte affronta la condizione umana. Che cosa significa essere umani in un dato momento della storia e della società? Il punto è sempre questo. Per me il corpo umano è alla base di tutto».

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