Avevamo un precedente. Era il 2017 quando il Tribunale di Firenze accordò con un’ordinanza cautelare la tutela dell’immagine del David di Michelangelo proibendo l’uso illecito a fini commerciali. In quell’occasione la Galleria dell’Accademia di Firenze aveva avuto la meglio.
Oggi, 2023, la causa riguarda una famosa casa editrice che, in assenza di concessione all’uso dell’immagine del David – e senza pagamento di alcun canone per l’utilizzo – ha pubblicato sulla copertina di una propria rivista il capolavoro scultoreo, modificato col meccanismo della cartotecnica lenticolare e quindi sovrapposto all’immagine di un modello, persona realmente esistente, il tutto in chiave apertamente pubblicitaria.
Niente più pubblicità con il David, quindi. O meglio, niente più pubblicità gratuita con il David.
Anzi, per la prima volta viene affermata l’esistenza del diritto all’immagine dei beni culturali quale espressione del diritto costituzionale all’identità collettiva dei cittadini che si riconoscono nella medesima Nazione.

Il Tribunale di Firenze ha affermato che l’immagine dei beni culturali è espressione dell’identità culturale della Nazione e della sua memoria storica da tutelare ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, valore fondante del nostro ordinamento. Il Tribunale ha così riconosciuto che la riproduzione non autorizzata dell’immagine del David di Michelangelo ha determinato un danno di carattere patrimoniale, legato al mancato pagamento del canone per l’uso del bene (e calcolato in 20.000 euro così come da tariffario del Museo), ma soprattutto un danno di natura non patrimoniale, quantificato nel valore di 30.000 euro, poiché la società editoriale con la tecnica lenticolare – citiamo testualmente – «ha insidiosamente e maliziosamente accostato l’immagine del David di Michelangelo a quella di un modello, così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico e identitario dell’opera d’arte e asservendo la stessa a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale».
«Un altro grande traguardo – dichiara con grande soddisfazione Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze – ormai è stato affermato un principio che esula dal singolo caso».
Nella speranza che la tutela dei beni, non diventi un’ossessione alla ricerca del risarcimento.