La fattoria degli animali, il romanzo allegorico di Orwell nell’adattamento a fumetti

Il romanzo di Orwell rappresenta un’allegoria sempre valida sul pericolo dell’ascesa al potere e delle sue conseguenze. Fanucci Editore pubblica un lavoro a sei mani riadattando un grande classico al medium del fumetto

«Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri. Stanchi dei soprusi, gli animali di una fattoria decidono di ribellarsi agli umani e, cacciato il proprietario, danno vita a un nuovo ordine fondato sull’uguaglianza. Ben presto, però, emerge tra loro una nuova classe di burocrati, i maiali, che con astuzia, cupidigia e prepotenza si impongono sugli altri animali». Romanzo distopico scritto da George Orwell tra il novembre 1943 e il febbraio 1944 – pubblicato un anno dopo –, La fattoria degli animali è una storia universale che mette in allerta dai pericoli del potere assoluto. Ispirato alla Guerra civile spagnola (1936-1939), il racconto offre al lettore una visione del leninismo prima e del consumismo poi mediante una scrittura a tratti fiabesca. Ogni animale personifica uno specifico personaggio del regime stalinista, contestandone i contorni totalitari e rimarcando l’assoluto sconforto degli utopici ideali della rivoluzione. 

Una feroce satira politica, tant’è che il volume andò in stampa solo a guerra conclusa, per scongiurare discordie fra la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica. Quasi 80 anni dopo, parliamo di un racconto ancora attuale? A rispondere è Alessandro Ruggieri, docente di sceneggiatura e fumetto alla Scuola romana dei fumetti, che ha sceneggiato l’adattamento a graphic novel del romanzo orwelliano. Pubblicato da Fanucci EditoreLa fattoria degli animali (cartonato, 108 pagine a colori, 17 euro) conta sui disegni di Yoshiko Watanabe, animatrice ed autrice di manga e sui colori di Mirko Milone, disegnatore e docente dei corsi di disegno e tecnica del fumetto, fumetto online, manga (corso breve) presso la già citata scuola privata artistica con sede unica nella capitale. Tornando alla domanda, Ruggieri replica: «Certo, il romanzo di Orwell rappresenta un’allegoria sempre valida sul pericolo dell’ascesa al potere e delle sue conseguenze. È una storia corale che mostra la degenerazione dell’atto rivoluzionario e il meccanismo, sempre uguale a se stesso, del passaggio dalla ribellione alla dittatura. Se pensiamo che è del 1945 e che si tratta di una critica aperta al regime sovietico, del cui iniziale slancio sovversivo lo stesso scrittore era stato un sostenitore, possiamo considerarlo un’amara constatazione sull’eterno ripetersi dei soliti errori».

Forti della loro unità, gli animali lottano per essere liberi e finiscono per adottare i peggiori difetti dell’uomo, arrivando alla tirannia. «Forse è vero che nessuna rivoluzione ha con sé l’idea di sostituire un sistema con un altro, si preoccupa piuttosto di abbattere l’ordine vigente e una volta accaduto ciò, i più scaltri ne approfittano», incalza Ruggieri. Precisando poi che questo romanzo «è una parabola senza tempo che a quanto sembra ha ancora molto da insegnare. Non dimentichiamo che Orwell ha poi anticipato l’attualità nella distopia di “1984”, un’altra storia minacciosamente reale». Il graphic novel nasce con l’idea di fare un adattamento da un romanzo classico, pensato per aprire la collana Fanucci Comics, curata dalla Scuola romana dei fumetti. 

«Attenzione, però. Adattare non vuol dire solo tradurre da un linguaggio ad un altro – continua lo sceneggiatore – ma cercare di trasmettere la natura dell’opera originale con le caratteristiche di un altro medium, in questo caso il fumetto. Tra i molti romanzi a disposizione la scelta è caduta su Orwell, sia per l’universalità del messaggio, sia per la scorrevolezza della forma, assai adatta alla trasposizione ed è anche uno dei miei romanzi preferiti. Lo scopo di questa versione de La fattoria degli animali non è quello di stravolgere il romanzo (anzi, ho cercato di essere il più fedele possibile), bensì quello di visualizzare la storia con le immagini disegnate e “recitate” da Yoshiko Watanabe. Si è trattato di unire mondi all’apparenza diversi con l’obiettivo di dare una nuova veste a un classico della letteratura, se possibile amplificandone la portata». 

Un lavoro a sei mani («i tempi sono stati brevi e serrati, circa sei mesi per il disegno e il colore, escludendo la sceneggiatura che era già pronta al momento di iniziare. È raro che si proceda sempre spediti e senza ostacoli in un progetto di cento tavole, ma stavolta è andata proprio così, anzi, abbiamo consegnato con due settimane di anticipo, prendendoci anche tutto il tempo per la revisione»), che ha coinvolto tre professionisti di grande esperienza. A questo proposito, Ruggieri spiega: «Ho conosciuto Yoshiko e Mirko alla Scuola romana dei fumetti, dove siamo insegnanti di materie diverse e dove spesso nascono progetti e collaborazioni come questo. L’esigenza iniziale era quella di realizzare il primo fumetto a colori di Yoshiko Watanabe, che a parte l’animazione con Osamu Tezuka, Enzo D’Alò e tanti altri, ha sempre disegnato in bianco e nero, come si usa nei manga». 

E la scelta del colorista? «Quella è caduta appunto su Milone, con cui avevo già lavorato ad altri fumetti e posso dire che ha aggiunto un ulteriore valore estetico ai disegni già splendidi. Ho trovato molto stimolante poter lavorare con persone di generazioni diverse e dalla provenienza altrettanto lontana, ma accomunate dalla passione e dalla dedizione per il fumetto, in qualsiasi forma. Le nostre singole peculiarità hanno naturalmente influito sul sistema di lavoro, che ha previsto l’integrazione dei metodi tradizionali di Yoshiko la lavorazione digitale di Mirko. Una volta approvate le bozze di ciascuna tavola, seguiva la fase di inchiostrazione a pennino, per poi passare alla colorazione e al lettering eseguiti in digitale. Fin dall’inizio entrambi si sono allineati su quello che volevamo fosse il risultato finale. Alla sintesi dei manga anni Sessanta si sono così aggiunti colori, atmosfere ed effetti speciali, frutto di questo incontro di più culture», conclude lo sceneggiatore.

Info: www.fanucci.it

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