A Palazzo delle Esposizioni di Roma, in anteprima nazionale, le foto finaliste del concorso internazionale di fotogiornalismo
La rassegna presenta in anteprima nazionale le 122 foto finaliste del prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo che dal 1955 premia ogni anno i migliori fotografi professionisti.
I nomi dei quattro vincitori globali dell’edizione 2022 sono stati annunciati il 7 aprile attraverso i canali online della fondazione; per questa 65° edizione, le giurie globali e regionali formate da esperti internazionali hanno esaminato i lavori di 64.823 foto e progetti, inviati da 4.066 fotografi provenienti da 130 paesi.
Il World Press Photo Contest 2022 ha coinvolto giurie regionali e una giuria globale formata da Ernesto Benavides, Simona Ghizzoni, Tanzim Wahab, N’Goné Fall, Rena Effendi, Clare Vander Meersch e Jessica Lim. Le giurie regionali hanno prima selezionato le voci per categoria nelle loro regioni, dopodiché la giuria globale ha deciso i vincitori regionali e, da questi infine, i vincitori globali. In linea con la nuova strategia, i 4 vincitori finali sono stati dunque selezionati tra i 24 vincitori regionali 2022, per ciascuna delle quattro categorie: Singole, Storie, Progetti a lungo termine e Open Format per ognuna delle sei zone del mondo: Africa, Asia, Europa, Nord e Centro America, America del Sud, Sud Est asiatico e Oceania.



Amber Bracken, fotografa canadese per il New York Times, è la vincitrice del World Press Photo of the year, edizione 2022. La foto mostra una fila di abiti rossi appesi a croci di legno lungo una strada, in ricordo dei bambini indigeni morti presso la Kamloops Indian Residential School, titolo dello scatto, in seguito al rilevamento di 215 presunte tombe non contrassegnate che potrebbero appartenere ai bambini che frequentarono la scuola, a Kamloops, in British Columbia, Canada.
La presidente della giuria globale Rena Effendi ha commentato: «È un’immagine che si insinua nella memoria e ispira una sorta di reazione sensoriale. Potevo quasi sentire la quiete in questa fotografia, un momento tranquillo di resa dei conti globale per la storia della colonizzazione, non solo in Canada ma in tutto il mondo».
Ad aggiudicarsi il premio World Press Photo Story of the Year è stato Matthew Abbott con la sua storia Saving Forests with Fire, un lavoro realizzato per National Geographic/Panos Pictures, che racconta di come gli aborigeni australiani brucino strategicamente la terra in una pratica nota come combustione a freddo, in cui i fuochi si muovono lentamente, bruciando solo il sottobosco e rimuovendo l’accumulo di residui vegetali che possono alimentare fiamme più grandi, diminuendo così la CO2 per il riscaldamento climatico.

Il premio per il World Press Photo Long-Term Project Award è andato a Lalo de Almeida, Brasile, con Amazonian Dystopia, per Folha de São Paulo/Panos Pictures, che ha documentato le gravi condizioni della foresta pluviale amazzonica minacciata, in particolare negli ultimi anni, da deforestazione, estrazione mineraria, sviluppo infrastrutturale e altre scelte politiche regressive del presidente Bolsonaro.

In mostra quest’anno anche la sezione dedicata alla nuova categoria World Press Photo Open Format Award, rivolta a progetti che utilizzano diversi media (dal video, al documentario interattivo, alle foto disegnate), la vincitrice è Isadora Romero, dall’Ecuador. Attraverso la sua storia personale, Blood is a Seed (La Sangre Es Una Semilla), l’autrice mette in discussione la scomparsa dei semi, la migrazione forzata, la colonizzazione e la conseguente perdita di conoscenze ancestrali. Il video è composto da fotografie digitali e cinematografiche, alcune delle quali sono state scattate su pellicola 35mm scaduta e successivamente disegnate dal padre della Romero.
Infine, menzione d’onore a Viviana Peretti, fotografa italiana freelance con base a Bogotà, per A portrait of Absence, un progetto durato nove anni passati a fotografare e indagare sul crimine di sparizione forzata in Colombia, un tributo visivo all’assenza: documenta le vite delle famiglie che sperano nel ritorno dei loro cari e il programma dell’attuale governo colombiano di riesumare e identificare i corpi delle vittime di esecuzioni extragiudiziali gettati in tombe non registrate.


