Diabolik cala il tris,film, graphic novel e romanzo

Roma

Dal fumetto al film e di nuovo al fumetto (nonché al romanzo). Non siamo impazziti – non del tutto, perlomeno – ma l’uscita del tanto atteso film Diabolik, firmato dai Manetti bros, è stata accompagnata dalla pubblicazione di un graphic novel ufficiale e di una trasposizione in romanzo. Tre, il numero perfetto. Dunque, prima di parlare del nuovo lungometraggio – che segue di oltre mezzo secolo quello diretto da Mario Bava, Danger Diabolik, uscito nel 1968 – è bene sviscerare le due pubblicazioni che lo accompagnano. Iniziando da Diabolik, il romanzo del film (Mondadori, collana Oscar Absolute, 13.50 euro), scritto da Andrea Carlo Cappi, prolifico autore di gialli, thriller e spy story che ha già firmato una serie di romanzi originali con protagonisti Diabolik ed Eva Kant. Le illustrazioni sono di Riccardo Nunziati e la copertina di Matteo Buffagni. Quindi è la volta del volume a fumetti incentrato sul film Diabolik (Astorina/Mondadori Oscar Ink, 128 pagine a colori, 19 euro) la cui lavorazione è stata condotta in parallelo con le riprese, basandosi sulla sceneggiatura della pellicola riadattata da Michelangelo La Neve, Mario Gomboli e Rosalia Finocchiaro. E proprio grazie alle numerose foto di scena si è potuto riportare sulla carta le medesime atmosfere create dai fratelli Manetti. I disegnatori Salvatore Cuffari e Giulio Giordano si sono occupati della parte grafica (matite e chine) mentre Bianca Burzotta dei colori. Claudio Villa ha realizzato la copertina. 

Negli extra del graphic novel Diabolik il film viene spiegato: «La novelization che avete appena letto ha avuto origini lontane e una gestazione complessa. Tutto cominciò nel 1963, quando Angela e Luciana Giussani scrissero il terzo episodio dedicato al loro personaggio: L’arresto di Diabolik». Una storia imperniata sulla comparsa in scena dell’affascinante Eva Kant, del suo primo incontro con il re del terrore, della nascita del loro grande amore e della loro indissolubile complicità. Un episodio basilare nella “diabolika” saga, che ha ispirato il lungometraggio dei Manetti bros. Sei anni dopo, i punti clou di quell’episodio vennero ripresi (nonché ridisegnati) in un corposo flash-back dal titolo Ricordo del passato. Nel 2012, per celebrare i 50 anni di Diabolik – il primo numero, Il re del terrore, uscì infatti il 1 novembre 1962 – venne realizzato un remake scritto da Gomboli e Tito Faraci, con le illustrazioni di Giuseppe Palumbo. Anche quella versione è stata utile ai Manetti bros e a Michelangelo La Neve per scrivere la sceneggiatura della pellicola sul ladro più affascinate e spietato di tutti i tempi.

Ed eccoci ad argomentare in merito al nuovo film dedicato a Diabolik (casa di produzione: Mompracem e Rai Cinema; distribuzione: 01 Distribution) che, come anticipato, prende spunto dal fumetto sul primo incontro, in assoluto, tra Eva Kant e il re del terrore, ma con nuove scene, nuovi ambientazioni e dialoghi. Per tanto lettori si tratta del vero e proprio incipit della saga, come se il personaggio fosse in qualche maniera incompleto, prima di venire affiancato dalla compagna, complice e amante. I due sono rappresentati sul grande schermo da Luca Marinelli (forse troppo glaciale, quasi distaccato nella sua interpretazione. In una parola: ingessato) e da Miriam Leone (che regge da sola l’intera impalcatura, chissà che da Hollywood non sia già squillato il telefono) mentre Valerio Mastandrea veste i panni del determinato e ossessionato ispettore Ginko (oggi l’attore romano ammette: «Fossi un regista non mi prederei mai per fare una cosa del genere. Ma non essendo io il regista, ci sono cascati e ho provato a mettermi in discussione e a fare un personaggio che non ho fatto in maniera molto facile»). Ambientata nella città immaginaria di Clerville sul finire degli anni Sessanta (in realtà le riprese sono avvenute tra Courmayeur, Bologna, Milano, Trieste e nel ravennate) la pellicola, uscita lo scorso 16 dicembre e distribuita in oltre 500 copie, segue – meglio, insegue, considerate alcune scene – le avventure di Diabolik, ladro senza paura dall’identità misteriosa, che ha compiuto l’ennesimo colpo, sfuggendo alla polizia a bordo della sua magnifica Jaguar E-type (ed è proprio alla fedele compagna di imprese che è dedicata Colpo grosso al museo, la mostra curata da Giosuè Boetto Cohen e allestita presso il museo nazionale dell’automobile di Torino fino al 6 marzo. Stessa città ma location diversa: fino al 14 febbraio, il museo nazionale del cinema ospita la mostra Diabolik alla Mole, che ripercorre la storia del ladro tra pellicole e fumetti, oggetti iconici di design. Con la curatela di Luca Beatrice, Domenico De Gaetano e Luigi Mascheroni). 

Ma a conquistare l’attenzione e, soprattutto, il cuore di Diabolik è la magnetica Eva Kant, un’ereditiera giunta in città con un gioiello di immenso valore, il noto diamante rosa. Nel tentativo di sottrarre la preziosa pietra, Diabolik resta ammaliato dalla femme fatale, tanto da risparmiarle la vita. Stavolta però l’ispettore Ginko, con il supporto della sua squadra, ha congeniato un piano infallibile per intrappolare il temibile ladro. Chi tra loro avrà la meglio? Si potrebbero dire realmente tante cose sul Diabolik dei coraggiosi e rispettosi (nei confronti del personaggio) Manetti bros, che lo hanno definito «non un film su Diabolik ma un film di Diabolik». Partendo da una considerazione: molte luci e poche ombre. Tra le prime va annoverata sicuramente Miriam Leone, che di fatto ruba la scena ai colleghi (a parte i tre protagonisti, il cast annovera Alessandro Roja – “il dandy” della serie Romanzo criminale, che qui interpreta il mellifluo viceministro Giorgio Caron – Serena Rossi, nel ruolo di Elisabeth, una donna sottomessa al marito di cui non conosce la doppia vita, e Claudia Gerini, la signora Morel, che compare sulla scena nella parte finale del film). 

E ancora, il racconto viene esaltato dai trucchi e dalle acconciature dei personaggi in scena (Mastandrea/Ginko: trova le differenze), dalla ambientazione storica (la pulizia e l’ordine degli anni Sessanta) al pari del costume sociale dell’epoca, dall’atmosfera continentale, dalle auto che hanno fatto epoca. Si tratta di un film che flirta più con la nostalgia che con il mito, e (anche) in tal senso la colonna sonora – firmata da Pivio e Aldo De Scalzi, con il contributo di Manuel Agnelli – è ineccepibile. Tutto questo catapulta lo spettatore, nel corso dei 113 minuti di durata dell’opera, all’interno di un fumetto che ha fatto la storia del genere (non solo in Italia), di forte impatto ma sempre elegante, mai truculento né volgare. Un lungometraggio tratto da un fumetto non è mai impresa semplice da realizzare, meno che mai quando l’obiettivo ultimo era quello di realizzare una fedelissima trasposizione del mondo immaginario creato dalle Giussani (per saperne di più sulle ragazze della Milano bene che inventarono il re del terrore si suggerisce il libro “Le regine del terrore” di Davide Barzi). I fratelli Manetti sono riusciti nel compito? In larga parte sì, perché se è vero che, al contrario dei fumetti (pensati per essere letti velocemente, anche sui mezzi pubblici e, perché no, in bagno) il film Diabolik ha un ritmo decisamente lento, compassato – si fosse optato per la strada del kitsch, con ogni probabilità il risultato d’insieme sarebbe stato differente – lo è altrettanto che nella pellicola c’è tutto (e di più) l’immaginario che ruota attorno al ladro dagli occhi di ghiaccio (immaginario che può essere apprezzato soprattutto da chi ben conosce la saga): doppi giochi, inseguimenti al cardiopalma, false identità, hotel di lusso, casseforti inespugnabili, gas narcotizzanti, l’immancabile pentothal. Con la morte sempre in agguato. E i nostri a flirtare con lei.

Info: www.diabolik.it

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