Pisa rinsalda il suo legame con uno degli artisti più incisivi del panorama newyorkese degli anni ’80 e presenta al Palazzo Blu i lavori risalenti all’ultimo periodo di attività di Keith Haring. L’artista viene raccontato attraverso le opere appartenenti alla Nakamura Keith Haring collection, prestigiosa raccolta di opere esposte all’interno del museo a lui interamente dedicato in Giappone.
I graffiti e la Grande mela
L’attività artistica di Keith Haring prende piede tra le vie della Grande mela alla fine degli anni ’70, un universo scintillante dall’anima lacerata dalla diffusione di una forte ondata di criminalità e caos, mescolati a una dilagante esigenza di libertà d’espressione. Questa dimensione attrae irrimediabilmente l’estro del giovane originario della Pennsylvania. I viaggi nella metropolitana di New York lo immergono nelle viscere della città che lo ispira e lo porta a definire il suo codice figurativo, capace di portarlo a divenire nel tempo un’icona dell’arte contemporanea.
Appassionato disegnatore di cartoni animati, Haring passa ben presto al graffito, veicolo funzionale alla soddisfazione del proprio desiderio di espressione senza filtro. Le strade di New York cominciano a riempirsi dei suoi ominidi multiformi e in breve tempo questi catalizzano l’attenzione di Tony Shafrazi. Il collezionista propone al giovane Haring di esportare la sua arte dai vicoli cittadini all’interno della sua omonima galleria a Soho, quartiere che in breve tempo diviene centro nevralgico della serie di sottoculture artistiche e musicali che alimentano l’allora nuova cultura giovanile d’oltreoceano.
In questa nuova realtà espositiva Keith Haring entra a contatto con i grandi nomi dell’arte americana, stringendo rapporti con Andy Wharol e Robert Rauchenberg. Il suo ingresso nel Pantheon della cultura contemporanea è repentino e lo proietta in breve tempo nella posizione di ridefinire le regole che fino a quel momento imbrigliano il mercato dell’arte.

Da New York a Pisa
La forte tendenza militante che Haring mette al centro della sua indagine artistica lo porta a sfruttare la sua nuova visibilità per operare legalmente sul suolo pubblico. Le lotte e l’attivismo riguardo temi scottanti come l’apartheid, l’abuso di stupefacenti e la discriminazione di genere rimangono per tutto l’arco della sua carriera il leitmotiv che accompagna la sua attività. La grande richiesta di graffiti da lui concepiti e realizzati porta Keith Haring a uscire dai confini americani per recarsi in tutto il resto del globo.
Le sue operazioni raccontano, attraverso un radioso immaginario pop, i timori di un giovane malato di AIDS che è immerso in una società in tumulto, spesso soggetta alla sopraffazione e strumentalizzazione dei media e al disinteresse politico. Di queste tematiche è infatti intriso il suo ultimo lavoro di natura murale che oggi è ancora ammirabile a Pisa, Tuttomondo. Il progetto nasce grazie all’incontro con un giovane studente pisano, Piergiorgio Castellani, che incontra l’artista proprio a New York e lo invita realizzare un murales nella sua città natale in Italia. Haring accetta l’invito e seleziona la parete esterna del convento della chiesa di Sant’Antonio Abate, parzialmente distrutto durante un bombardamento avvenuto durante il secondo conflitto mondiale. Il desiderio di dare vita a un’istallazione capace di incarnare il desiderio di amore universale spinge l’artista a collaborare con la comunità cittadina e stringere con essa un rapporto sempre più stretto e familiare.
Dopo più di trent’anni l’affetto dei cittadini non si spegne e la mostra organizzata a Palazzo Blu rievoca le atmosfere che hanno formato l’immaginario e il carattere dell’artista americano. Nove sezioni trasportano lo spettatore in un viaggio alla scoperta della carriera di Keith Haring che, nonostante la sua breve parabola biografica, riesce a produrre un corpus dalla valenza tematica incredibilmente attuale. L’hummus prolifico e il clima stravagante dei club di Soho in cui l’artista trascorre il tempo viene restituito dall’allestimento delle sale del palazzo pisano: luci soffuse e fluorescenti si alternano tra sottofondi Punk e new Rock che sottolineano l’intenso rapporto di Haring con il panorama musicale alternativo degli anni ’80.
L’attività a tutto tondo di un artista come Keith Haring trova a Pisa un’eccezionale cornice in cui poter essere narrata al pubblico e far emergere i lati meno conosciuti di uno dei simboli più popolari dell’arte americana contemporanea.
Info: https://palazzoblu.it/mostra/keith-haring-12-novembre-2021-17-aprile-2022/
12/11/2021-17/04/2022, Palazzo Blu, Pisa