Coraggio, audacia, determinazione, la Quadriennale 2020 è più che una mostra. Andrebbe definita un vero e proprio atto di impegno sociale al servizio dell’arte. Quando va detto va detto. Nell’anno del Covid, in cui i grandi eventi, o molti di essi, sono stati annullati, ecco che senza troppe esitazioni l’estabilishment della Fondazione La Quadriennale ha deciso di non rinunciare alla sua consueta edizione, nonostante un budget necessariamente ritoccato rispetto alle proiezioni iniziali e nonostante le dovute precauzioni anticontagio, che saranno opportunamente adottate. Insomma, nell’anno in cui ogni ridimensionamento sarebbe stato ”immune” da critiche, la squadra del presidente Umberto Croppi non ne ha voluto proprio sapere. Una scelta che si definirebbe ”fuori” da ogni logica. Degna di chi è ”fuori” di testa. E, non a caso, proprio questo è il concept, nonché il titolo, della mostra: Fuori. Questa Quadriennale si colloca esattamente fuori dagli schemi, fuori dalle etichette e fuori dalle restrizioni fisiche e mentali che abbiamo vissuto in questo tormentato anno. L’idea è avanguardistica, corsara e spavalda, per questo molto interessante.
Stamattina alla Sala Spadolini del Collegio Romano, sede del Mibact, si è svolta la conferenza stampa di presentazione del progetto. C’erano tutti, dal presidente della Quadriennale Umberto Croppi a Margherita Guccione, Direttrice generale creatività contemporanea del ministero, fino a Franco Bernabé, presidente onorario della Quadriennale, Cesare Pietroiusti, presidente dell’Azienda speciale Palaexpo, e i curatori della mostra Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol.
La mostra inaugura il 29 ottobre al Palazzo delle Esposizioni e andrà avanti fino al 17 gennaio. La chiave di lettura è questo appello a uscire fuori dal terreno della certezza. Una condizione che storicamente ha accompagnato i grandi cambiamenti sociali, politici, economici e civili dell’umanità. Lo hanno spiegato molto bene i curatori: «Fuori è una liberazione da qualsiasi costrizione o categoria abbia imbrigliato nel passato l’arte come gli individui: fuori di testa, fuori moda, fuori tempo, fuori scala, fuori gioco, fuori tutto, fuori luogo è ciò che la Quadriennale d’arte vuole essere attraverso le opere e le ricerche degli artisti presentati». E quindi sarà una mostra in cui tanti paradigmi promettono di cadere, a partire dalla concezione stessa di ”contemporaneo”, fino alle separazioni tra discipline, generazioni e linguaggi. «Sono artisti che si confrontano e si sono confrontati con diversi campi disciplinari – ha detto Sarah Cosulich – quali la danza, la musica, il teatro, il cinema, la moda, l’architettura e il design, dando vita a percorsi talvolta discontinui ma che arricchiscono la lettura del nostro passato artistico e fortificano quella prodotta nel presente».
Gli artisti selezionati per questa delicata mission sono Alessandro Agudio, Micol Assaël, Irma Blank, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Sylvano Bussotti, Chiara Camoni, Lisetta Carmi, Guglielmo Castelli, Giuseppe Chiari, Isabella Costabile, Giulia Crispiani, Cuoghi Corsello, DAAR – Alessandro Petti – Sandi Hilal, Tomaso De Luca, Caterina De Nicola, Bruna Esposito, Simone Forti, Anna Franceschini, Giuseppe Gabellone, Francesco Gennari, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Diego Gualandris, Petrit Halilaj end Alvaro Urbano, Norma Jeane, Luisa Lambri, Lorenza Longhi, Diego Marcon, Raffaella Naldi Rossano, Valerio Nicolai, Alessandro Pessoli, Amedeo Polazzo, Cloti Ricciardi, Michele Rizzo, Cinzia Ruggeri, Salvo, Lydia Silvestri, Romeo Castellucci – Societas, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Maurizio Vetrugno, Nanda Vigo e Zapruder.
Al tema del ”fuori” si aggiunge un altro fil rouge, quello del desiderio: «Per costruire una mostra visionaria – ha aggiungo Stefano Collicelli Cagol – ci siamo ispirati ad alcune linee di ricerca: l’espressione dei desideri e delle ossessioni, l’esplorazione dell’indicibile e dell’incommensurabile, l’indagine delle tensioni tra arte e potere, rappresentate dalla metafora del palazzo». A questi artisti spetta il compito di mostrare, fondamentalmente, quello che ha spiegato in modo molto puntuale Pietroiusti, e cioé che l’artista, così come l’individuo «è un esempio di soggettività fluida e aperta, sottoposta continuamente a cambiamenti che richiedono il rapporto con l’altro, con ciò che è diverso da sé». Una realtà incontrovertibile, che rappresenta un messaggio sociale anche di grande profondità, soprattutto nell’anno in corso, in cui tanti valori apparentemente scontati sono emersi in tutta la loro importanza e necessità.
Per realizzare questo ambizioso progetto si è potuto contare su un budget di 1,8 milioni di euro, un po’ meno dei 2 milioni previsti prima del lockdown, coperto per il 55% da un finanziamento del Mibact (Direzione generale creatività contemporanea) e per il 45% dai due partner promotori, Eni e Intesa Sanpaolo, oltre che dagli altri sponsor e donors.
Le premesse hanno fatto alzare parecchio le aspettative. Tutto calcolato o imprudenti? Lo vedremo a fine ottobre.