”Questa è la storia del giovane inglese Aubrey e del suo inesorabile sprofondamento nell’abisso. L’incontro con il misterioso Lord Ruthven lo condurrà dalla bellezza e dallo sfarzo dei salotti londinesi di inizio 1800 fino alla follia e alla dannazione eterna”. È Il vampiro di John Polidori – scrittore e medico britannico, finanche segretario e medico personale del poeta George Byron – un racconto, o meglio, «un’opera seminale ma non così conosciuta che al di là del suo valore letterario, se vogliamo anche discutibile, ha però il merito di delineare la figura del vampiro come la conosciamo oggi». A parlare è Luca Franceschini, che insieme a Gabriel Negri firma (il primo i testi, il secondo i disegni) una riduzione a fumetti della narrazione originaria. Pubblicato da Nicola Pesce editore, John Polidori, il vampiro (cartonato, 72 pagine in bianco e nero, 16.90 euro) nasce da un’intenzione ben definita. Riprende Franceschini: «Considerando che di solito, quando si parla di vampiri, i punti di riferimento sono altri ben più celebri, mi è sembrata un’idea originale pensare al breve racconto di Polidori, nato nella famosa notte di villa Diodati, sulle rive del lago di Ginevra – il 16 giugno 1816 – quando anche Mary Shelley partorì i germi di quello che sarebbe divenuto Frankenstein. Ho quindi proposto l’idea alla casa editrice, che ha deciso di inserirlo nella sua collana dedicata all’horror». Premesso che Il vampiro di John William Polidori (questo il nome completo) e Frankenstein di Mary Shelley sono due opere che hanno gettato le fondamenta per lo sviluppo di moderni generi letterari (dall’horror alla fantascienza al romanzo gotico moderno) va da sé che John Polidori con il suo vampiro rappresenta un omaggio originale al genere ma, soprattutto, un racconto a fumetti affascinate ed elegante; merito (anche) delle illustrazioni in bianco e nero. «Questa scelta ha trovato me e Gabriel d’accordo. È risultata naturale e spontanea fin da subito, dettata sia dal tono che volevamo dare al progetto stesso sia dal tratto di Gabriel, che si esalta al massimo coi suoi bellissimi contrasti, con giochi di luce e oscurità», spiega Franceschini, che – incalzato – fa un doppio passo indietro, affrontando sia il tema della mole/tipologia di lavoro messe in campo per realizzare il volume sia del lavoro di concerto con Negri. «In merito al primo aspetto, preciso che a monte c’è una dettagliata analisi e un profondo studio del racconto originale. Una volta presa confidenza col testo è stato poi necessario valutare con lucidità quale approccio utilizzare per rendere al meglio, in un altro ”linguaggio”, tanto i contenuti quanto le tematiche». Subito dopo? «Ci siamo confrontati su quali soluzioni visuali avremmo dovuto adottare per declinare in fumetto i concetti espressi originariamente in prosa e in che modo trasporre, senza tradirla, la giusta atmosfera. A seguire la parte più tecnica, ovvero ”l’esplosione” in capitoli e sequenze e infine in tavole e vignette». E per quanto riguarda ”l’incastro” tra sceneggiatura e disegno? Replica Franceschini: «In concreto, chiarito l’approccio e la struttura di tutto il progetto a livello di sceneggiatura vera e propria, l’aspetto più curioso è stato quello di dilatare alcuni caratteri del racconto che in realtà erano più sintetici. Si è trattato di dare la parola a personaggi e inventare dialoghi di sequenze raccontate solo in modo indiretto. Questo ha presupposto un certo lavoro sui personaggi stessi per capire bene la loro ”voce”. Con Gabriel? Abbiamo lavorato a blocchi di una decina di tavole per volta: man mano che realizzava storyboard, matite e chine di un capitolo, gli inviavo la sceneggiatura del successivo». Prendendo in prestito le parole dello scrittore irlandese Bram Stoker, divenuto noto come autore di Dracula, «il vampiro continua a vivere e non può morire solo perché gli anni passano».
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