Oltre che un ossimoro, Foresta urbana è anche un’utopia. A partire dagli anni Sessanta negli Stati Uniti, e in Europa dagli anni Ottanta, inserire spazi verdi all’interno di zone metropolitane era un modo per correre ai ripari dopo una spropositata crescita urbanistica che aveva arrecato non pochi danni al nostro ecosistema. Per cercare di ristabilire un equilibrio ambientale, unendo all’utilità il design, all’ecologia l’estetica architettonica. Con il titolo Foresta Urbana, la mostra promossa e realizzata dalla Fondazione Cultura e Arte, emanazione della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, in collaborazione con la Città di Palermo e ospitata fino al 20 gennaio a Palermo a Palazzo Belmonte Riso e in Piazza Bologni, pone proprio l’accento sul rapporto tra natura e cultura oggi, attraverso gli occhi di grandi artisti come Ai Weiwei, Doug Aitken, Olafur Eliasson e Luca Vitone.
Oltre venti autori, chiamati a realizzare un’installazione in situ, hanno fornito il loro personale punto di vista sulla relazione tra l’uomo e la natura con lavori che mettono in evidenza i problemi causati dai cambiamenti climatici e dalle alterazioni degli equilibri ambientali nell’era dell'antropocene. «In un mondo – ha spiegato Emanuele – in cui l’ambiente è sempre più maltrattato e minacciato, diviene imprescindibile assumere un nuovo impegno morale, attraverso la forza comunicativa dell’arte. Gli artisti hanno dato vita a una selva post-moderna, in un dialogo che vuole essere costruttivo e salvifico non soltanto con l’architettura e la storia della città, ma anche e soprattutto con la nostra tormentata società, con l’umanità smarrita del Terzo Millennio».
Il progetto espositivo è presentato nell’anno di Palermo capitale della cultura 2018 e di Manifesta 12 che, sotto il filo conduttore del Giardino Planetario, si è posta come obiettivo quello di raccontare questo momento storico, trattando Palermo come oggetto di ricerca, incubatore di problemi sociali, politici e ambientali su scala globale. Foresta Urbana racconta il nostro secolo da punti di vista diversi, alle sperimentazioni scultoree più ardite di Tomás Saraceno si accostano le riflessioni meno invasive di Richard Long sul paesaggio, accanto agli assemblage meccanici di Jimmie Durham troviamo le forme naturali di Ernesto Neto. La natura, topos della tradizione artistica internazionale, oggi non è più come la conoscevano i pittori romantici. Siamo lontani dalle foreste impenetrabili e selvagge di cui parlava Thoreau, la natura di oggi è artificiale, sintetica: «L'entrata in un mondo magico quale metafora alle sfide poste dall’omologazione – spiega Paolo Falcone, curatore dell’esposizione – mette in mostra le connessioni artificiali, le diversità delle identità individuali e culturali atte a produrre un dialogo visivo e poetico per la realizzazione di un progetto artistico fra esperimento scientifico, poetica della relazione e romanticismo naturale». Intesa in questo senso la foresta urbana non è un’utopia: rappresenta la sfida contemporanea del compaginare la tecnologia con il paesaggio, l’interesse degli artisti verso l’ecologia e la sperimentazione scientifica.
Fino al 20 gennaio 2019; museo Riso, via Vittorio Emanuele 365, Palermo; info: www.poloartecontemporanea.it