Direttamente dalle nostre pagine del giornale vi proponiamo la versione integrale di un articolo pubblicato sul numero 111
Quando parliamo di Corporate art collections tendiamo a identificarle con fondazioni bancarie o istituti assicurativi. In realtà, in Italia come nel resto del mondo, la maggior parte di queste collezioni sono state e vengono costituite da imprese impegnate in molteplici settori: dalla moda al cinema, dalla tecnologia all’automotive, fino a piccoli studi professionali. Recentemente, alcune Corporate art collection sono salite agli onori della cronaca poiché liquidate per far cassa dalle major Christie’s e Sotheby’s. Tra le altre ricordiamo le vendite milionarie della collezione Lehman Brothers e quella di Yves Saint Laurent, entrambe avvenute nel 2009. In Italia, a partire dagli anni Ottanta, il fenomeno delle collezioni aziendali è cresciuto gradualmente ed è tuttora molto vivace anche se, rispetto agli altri paesi, non pienamente maturo, mancando ancora di una reale strategia imprenditoriale e una gestione manageriale della collezione.
Nel Belpaese, che si fa vanto delle piccole e medie imprese che costituiscono quasi il 95% delle attività produttive, sono gli avvocati, i commercialisti, gli architetti, i medici, gli artigiani e i piccoli imprenditori ad avere maggiore sensibilità verso le arti visive ma anche un buon fiuto per gli affari. Hanno percepito la potenzialità dell’arte, innanzitutto quella contemporanea, che, oltre essere un dono per la vista e l’anima, costituisce uno strumento di branding e reputazione sociale. Per l’azienda l’investimento in arte rappresenta, in primo luogo, uno dei migliori asset potendo contare anche sulla possibilità di un piano di ammortamento tributario. Dipende molto dalle finalità dell’imprenditore: se l’obiettivo è incrementare il patrimonio dell’azienda o produrre attività speculativa, non sono previsti benefici fiscali; tali vantaggi, invece, sono contemplati qualora l’opera d’arte sia impiegata per promuovere l’immagine aziendale come strumento di marketing o semplicemente per migliorare l’ambiente lavorativo e quindi la produttività. In tal caso, l’acquisto dell’opera viene compreso nelle spese di rappresentanza potendo, quindi, rientrare in un piano di ammortamento quinquennale. Per gli studi professionali la spesa per le opere d’arte può essere dedotta entro il limite dell’1% del fatturato annuo.
Bisogna però puntualizzare che la disciplina normativa in merito non è molto chiara: è necessario quindi valutare ogni singolo caso. Un esempio? Il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive nel 2005 aveva dichiarato “cespite non ammortizzabile” una scultura di “notevole pregio artistico” acquisita da una società. Lo stesso Comitato, in un parere del 2008, dichiara, invece, il contrario per delle opere d’arte comprate da una banca. A fare la differenza è stato “l’ingente valore artistico ed economico della scultura” del primo caso: non sussistono i presupposti per farlo rientrare nelle spese di rappresentanza in quanto il suo prezzo è più accostabile ai fini dell’investimento.
Fatte queste premesse, che riguardano esclusivamente beni artistici contemporanei (realizzati non oltre cinquanta anni fa da artisti non più viventi), oltre ai vantaggi possibili in termini fiscali, occorre ricordarne altri: innanzitutto, se la scelta dell’imprenditore è stata oculata, l’opera d’arte si rivaluta nel tempo (in un periodo medio di sette anni) e quindi rappresenta una fonte di liquidità in caso di emergenza; è un ottimo strumento di diversificazione (differenziare il proprio portafoglio di investimenti ne riduce i rischi); non esistono tasse di possesso o rilevanti spese di mantenimento trattandosi di opere relativamente recenti; da qualche anno, grazie allo sviluppo di piattaforme digitali per la compravendita e la nascita di numerose case d’asta, la tempistica per poter ricollocare i propri beni si sono ulteriormente accorciati. Il consiglio principale, in caso di acquisto o di vendita, è di rivolgersi sempre a esperti del settore che con la propria esperienza e professionalità possono guidare l’imprenditore verso la scelta migliore evitando i rischi del “fai da te”.