Dopo diversi mesi di assenza lo Spazio Y torna sulla scena presentando un nuovo ciclo dal titolo Dialogues. Su cosa si è lavorato? Quali sono i nuovi progetti? L’abbiamo chiesto a Silvia Marsano, Paolo Assenza, Ilaria Goglia e Germano Serafini, membri del collettivo Spazio Y, che in una visione orizzontale di ruoli preferiscono non darsi una definizione precisa, ma essere tutti attori di questa realtà progettuale.
Spazio Y ha riaperto le porte con il ciclo Dialogues. Com’è andato l’incontro tra Silvia Giambrone e Davide Dormino che si è chiudo il 16 marzo?
«Nella mostra Notturno domestico Dormino indaga la dimensione dei rapporti umani, del darsi all’altro e del rischio insito che l’affidarsi completamente a qualcuno comporta, la Giambrone analizza le dinamiche di assoggettamento della dimensione domestica, innescando un sospetto e portandoci a riflettere sul fatto che non tutto ciò che appare rassicurante o normale in realtà lo è. Ci sono voluti quasi otto mesi per riaprire Spazio Y, un tempo lungo ma molto intenso, fatto di discussioni costruttive, di ricerche personali, di desideri e necessità nuove. Avevamo in programma da molto tempo di fare una mostra con Davide, ne avevamo iniziato a parlare quasi due anni fa nel suo studio. È stato lui a proporci di fare una mostra insieme a Silvia. Il caso ha voluto che Lulù Nuti ci contattasse con una proposta simile e nel frattempo anche noi avevamo sentito gli artisti Fonte&Poe. Da lì è nata l’idea dei Dialogues, in un momento in cui lo spazio era ancora un cantiere aperto».
Di che tipo di dialoghi si tratta?
«Il dialogo è un confronto costruttivo, sempre volto a raggiungere un’intesa. Spazio Y nasce esattamente grazie ad un processo simile, grazie all’incontro di un gruppo di artisti: il dialogo, l’incontro sono alla base di ogni nostro progetto e di tutti quelli che abbiamo ospitato. Dialogues parla di un “Noi”, inteso come un “Loro”, la coppia di artisti che per ogni mostra del ciclo sarà invitata a entrare in dialogo. Per caso o per magia le tre coppie fino ad ora in programma (Dormi-no/Giambrone, il duo Lu.Pa. – Lulù Nuti e Pamela Pintus, Fonte & Po), hanno tutte delle cose in comune. I primi condividono lo studio, le seconde un progetto artistico condiviso che per di più esordirà a Spazio Y, gli ultimi una coppia nella vita e nella creatività».
Quali sono secondo voi i punti di forza di un modulo di questo tipo?
«Il dialogo non è certo una forma nuova ma oggi la forza sta nel semplice avere qualcosa da dirsi in un periodo in cui sembriamo tutti connessi dalle reti informatiche senza che ci siano scambi reali. Dal confronto possono aprirsi innumerevoli strade: l’apertura, la disponibilità, il mettersi nelle ma-ni dell’altro, la fiducia che questo comporta. Tutto ciò crea una ricchezza, dopo quasi vent’anni di individualismo ci troviamo oggi in una condizione socio politica economica totalmente differente, e ciò che si adegua di più a questo preciso periodo è piuttosto un Noi».
Qual è il rapporto invece con il contesto urbano?
«È stata sempre un’esperienza intensa. Il Quadraro è un luogo molto particolare, in cui convivono mescolandosi moltissime realtà sociali, culturali, il tutto avviene silenziosamente. Essere non solo ben accolti da un quartiere ma diventarne parte, grazie al dono di uno spazio, è una grande dimostrazione di benevolenza. La nostra idea è quella di affrontare una vera e propria operazione sul territorio e per il territorio, essendo tra le poche realtà artistiche in questa zona, oltre a Casa Vuota. Ma senza imporci, queste dinamiche devono nascere da una conoscenza della storia sociale e culturale del quartiere, delle sue esigenze e da una costante relazione con questo».
Cosa significa lavorare in pochissimi metri quadri di spazio?
«In 16 metri quadrati si è costretti a urtarsi, a darsi gomitate. Le prime volte ci si chiede scusa, poi si iniziano ad avere altri tipi di interazione. Spazio y è una piccola scatola magica, non credo che ci siano dei punti di debolezza, è una sfida continua, riuscire a misurarsi con un luogo così. Le dimensioni portano sicuramente dei limiti legati alla tipologia di progetti che si possono sviluppare ma allo stesso tempo questi limite hanno in sé delle potenzialità di grande interesse, ad esempio la possibilità di eliminare tutto ciò che è superfluo per sviluppare piccoli progetti dal carattere essenziale».
Sapete già quale sarà la mostra futura?
«Il ciclo durerà per tutto il 2018 e vedrà alternarsi coppie di artisti che si cimenteranno in questo dialogo. I prossimi due appuntamenti vedranno a maggio la partecipazione di Lu.Pa duo artistico fondato da Lulù Nuti e Pamela Pintus che presenteranno un’azione performativa intervenendo e trasformando lo Spazio. Dopo di loro Fonte & Poe, coppia di artisti con base a Berlino, che svilupperanno un progetto che vedrà la realizzazione di un video. In questo momento ci stiamo concentrando sul progetto che presenteremo durante Manifesta 12 a Palermo, dove nella nostra sede siciliana temporanea, avverrà un lavoro speculare a Spazio Y, di portata internazionale ma focalizza-to sul territorio ospitante».