Le Opere in ritmo di Vincenzo Frattini

Pietrasanta (LU)

Alla Galleria Giovanni Bonelli di Pietrasanta è protagonista Vincenzo Frattini con una personale intitolata Opere In Ritmo a cura di Maria Letizia Paiato che mostra nella sua interezza il percorso di ricerca dell’artista campano (Salerno 1978). Punto, linea e superfice, citando Kandisky, sembrano essere gli elementi portanti sui quali Frattini svolge la propria riflessione sul dettato pittorico, mostrando contestualmente il proprio debito nei confronti sia dell’astrattismo geometrico di primo Novecento sia della Pittura Analitica. Attraverso questa sequenza regolare di elementi visivi prendono forma i suoi lavori che, letteralmente In Ritmo sebbene un ritmo non uniforme, sviluppano un andamento proprio e interno da un lato, dall’altro consonante all’architettura industriale della galleria. Il primo corpus di lavori rientra in quelli denominati Pittura per Sottrazione, dove Frattini, con l’ausilio del trapano o della sega circolare, scava testualmente sulla materia, togliendo colore dalle precedenti e spesse stesure monocromatiche, fino a generare delle forme geometrico/astratte sulle superfici non più uniformi delle tavole. Un processo, in sostanza, che conduce l’artista a modificare l’originale dispositivo pittorico in qualcosa di affine alla scultura e particolarmente materico, mettendo in campo in questo modo, oltre al senso della vista quello del tatto. La questione ritmica, tuttavia, si fa più evidente nel ciclo Pittura 3D). Qui incontriamo delle tele monocromatiche, due angoli, due trapezi per l’esattezza e un’opera di forma poliedrica Senza Titolo 3D 24-17, dei veri e propri volumi che preponderatamente fuoriescono dalla parete per occupare parte dell’ambiente che le ospita, innescando un processo che obbliga lo spettatore a variare il proprio punto di vista ma anche, al contempo, a porsi in modo riflessivo rispetto agli elementi che lo circondano. Punto, linea e superfice ma anche forma, colore, figura, volume, spazio e luce mettono in ritmo una vera e propria successione di eventi visivi che, nel dialogo con l’asetticità dello spazio espositivo, sembrano riscrivere la stessa definizione interna di pittura e testarne la sua tenuta nell’oggi.