Questa Galleria Nazionale non piace a tutti. Il riallestimento della collezione permanente presentato dalla direttrice Cristiana Collu ha riscosso un grande successo e i numeri parlano chiaro: 6 mila persone in una sola sera per ammirare la mostra Time is out of Joint. Ma c’è anche un numero più esiguo di persone che a questo potpourri di epoche e tematiche non ci sta proprio. Fin qui nessun problema, i gusti sono gusti. Ma quando a infuriarsi è una parte dello stesso Comitato scientifico interno alla Galleria Nazionale allora la questione cambia in modo significativo. A comporre questo gruppetto di “dissidenti”, come li definisce Repubblica che ha divulgato la notizia questa mattina, gli storici dell’arte e docenti universitari Jolanda Nigro Covre, Claudio Zambianchi e Fabio Benzi. Mentre i primi due hanno adottato un atteggiamento ben più radicale, dimettendosi addirittura dal comitato, il terzo ha invece scritto una lettera indirizzata al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini senza risparmiare le critiche: “Le opere – riporta Repubblica le parole di Benzi – sono decontestualizzate dalla loro storia e dalla loro genesi. L’effetto è scenografico, ma gli stessi effetti si sarebbero potuti ottenere anche attraverso un’esposizione storica, modulata e intercalata da confronti altrettanto e più efficaci di quelli proposti dalla direttrice “. Un’accusa precisa che va contro le scelte messe in atto dalla direttrice in un piano più ampio di rinascita di un museo per troppo tenuto fuori dal mondo, per troppo tempo tenuto a corto di risorse e idee, per troppo tempo lasciato a impolverarsi.
Ma Collu non sembra farsi intimidire e risponde a Inside Art mantenendo la sua posizione, quella calma ma decisa di chi ha compiuto delle scelte estremamente coerenti con la propria visione e con il proprio tempo: “Nutro grande stima di queste persone e con Zambianchi e Covre ho mantenuto degli ottimi rapporti. Si tratta di posizioni personali, è ovvio che hanno a che fare con il nuovo allestimento, con la scelta di optare per un approccio sussidiario alla storia dell’arte. Io ho preso la parola, questo può succedere quando le cose cambiano». Un ragionamento che estende a tutti coloro che hanno espresso il loro dissenso dopo aver visitato la nuova Galleria Nazionale: «Un museo non è un libro, non è un corso, è uno spazio dove succedono delle cose, si muovono delle persone. Questo cambiamento è una questione di onestà del museo in questo momento, un’operazione luminosa, nel senso di chiara, non paludata. Viviamo il nostro tempo con simultaneità, c’è una frequentazione delle immagini diversa e questo deve essere rispecchiato da un allestimento contemporaneo. Rimane comunque un’eleganza, una compostezza che è data proprio dallo spazio museale».
È vero, si potrebbero definire alcune scelte della Collu un po’ forzate, puntate più a lasciare i visitatori a bocca aperta che a invogliare alla studio dell’arte. Ma è il tempo del presente, è il qui e l’ora. È lo specchio di ciò che stiamo vivendo, quel caos visivo in cui presente passato e futuro coesistono su una stessa linea, una linea spezzata, fatta di ritorni, fratture, coincidenze e analogie.
Info: lagallerianazionale.com
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