È il grande centro nevralgico della fondazione milanese, il Podium, ad essere principalmente spartito tra le due mostre: il piano inferiore a Nástio Mosquito che realizza l’istallazione WEorNOT (2016) come duo Nastivicious (fondato con lo spagnolo Vic Pereiró nel 2008), e quello superiore a Theaster Gates che ricostruisce un negozio di ferramenta da lui acquistato a Chicago. Mosquito sceglie di trasformare lo spazio in una sorta di cattedrale contemporanea e le vetrate del Podium, interamente ricoperte da illustrazioni nate dalla collaborazione con Ada Diaz, si fanno pagine di un racconto pop dai colori vividi. Così l’interno, pensato come luogo d’incontro e di rito, con proverbi sulle sedute e un pulpito dal cui microfono acceso si può recitare il proprio sermone, è un invito alla collettività e alla sua interazione. A contrasto, Gates lascia invece spazio alla riflessione, riempiendolo con gli utensili salvati da un luogo del quotidiano caduto in abbandono e che rivive adesso come testimone di un patrimonio della consuetudine passata. Non una ricostruzione fedele della ferramenta ma una musealizazzione delle sue parti, tra cui si situa anche una biblioteca – quella stessa dell’artista – come dichiarazione esplicita di amore per un retaggio culturale e un assoluto credo in ogni suo passaggio.
Per entrambe le mostre, ciò che resta è un corollario efficace e imprescindibile della dichiarazione d’intenti che il Podium rappresenta. L’opera di Mosquito ha visto infatti, nei primi giorni a partire dall’inaugurazione, il ripetersi di performance del coro gospel The Golden Guys che ha popolato le aree esterne della fondazione, coinvolgendo i visitatori in una sorta di rito collettivo. Laddove quindi persiste la vivacità dell’uno si acuisce la riflessività dell’altro: Gates negli spazi della Cisterna sceglie un raccoglimento maggiore, con opere che hanno dato avvio alla sua carriera e al suo lavoro come attivista, insieme ad altri totem della quotidianità, come in Ground Rules (2015). Sebbene non sia stata certo semplice la scelta di rappresentare e chiudere in un museo l’opera di questi artisti, entrambe le esposizioni dimostrano la propria potenza nella capacità di lasciare al visitatore la consapevolezza del messaggio assieme allo spazio per la riflessione. Certamente difficile resta però la volontà di vedere una reale autonomia tra questi due progetti: se ve ne è stata nella produzione da parte degli artisti, non sembra restarne nella curatela che racconta in Fondazione Prada un’unica storia sulla forza dell’eredità culturale.
Dal 7 luglio al 25 settembre; Fondazione Prada, Largo Isarco 2, Milano; info: www.fondazioneprada.org