Da Berlino a Napoli, passando per Roma, Camille Henrot, leone d’argento alla Binnale di Venezia del 2013, si è affermata negli ultimi tempi come presenza costante all’interno dell’ampio panorama dell’arte contemporanea. Cornici espositive distanti e differenti rappresentano in questo momento le coordinate attraverso le quali è possibile leggere la trasversale linea estetica condotta dall’artista francese. Il suo approccio alla pratica artistica è innanzitutto segnato da una pluralità espressiva che spazia dal video alla fotografia, dal disegno alla pittura, dalla scultura all’installazione. I molteplici registri linguistici utilizzati servono ad affrontare, ogni volta in maniera diversificata, la varietà di suggestioni e interessi che contraddistinguono la ricerca di Henrot, impregnata di storia, mitologia, antropologia, filosofia, letteratura e scienza, una traiettoria calibrata su frequenze che si agganciano alla contemporaneità e ai suoi processi comunicativi. A Berlino è protagonista dell’intero ultimo piano del Kunst-Werke Institute for Contemporary Art, una delle cinque sedi della nona Biennale di Berlino (The Present in Drag), con Office of Unreplied Emails, un progetto composto da una serie di lettere telematiche ricevute dalla Henrot provenienti da ambientalisti, politici e attivisti ai quali l’artista aveva in precedenza elargito sostegno economico o morale. Queste mail, contraddistinte spesso da toni esasperati (Camille, I need you before midnight…) amplificati da un allestimento volutamente disordinato, trovano risposta nella serie pittorica 11 Animals that Mate 4 Life, che invece propone il distintivo tratto colorato e lessico iconografico della Henrot, decisamente più accomodante rispetto al resto dell’installazione. Attraverso questo lavoro l’artista francese affronta il tema dell’ipertrofia di informazioni e della loro accelerata distribuzione, mettendo in questione la sbilanciata relazione tra interessi personali e macro-problemi che investono la società contemporanea. La sede berlinese temporanea della Julia Stoschek Collection invece ospita una parte della serie dei video-telefoni, all’interno della mostra Welt am Draht (World on a Wire), aperta fino al 18 settembre. Un corpus di lavori, allestiti a parete a mo’ di citofoni, che riflette su quanto il linguaggio sia un potente strumento per dominare le persone, in un rapporto di interazione tra uditore e dispositivo che impone al primo di dare risposte forzate a una serie di domande assurde, ricordando in qualche modo la logica delle hotlines. Qui la tecnologia si fa simbolo di un’autorità imposta all’individuo, un concetto che la riflessione di Henrot cerca di espandere ad altre forme come i sistemi governativi o la religione.
In Italia Camille Henrot è in mostra a Roma alla Fondazione Memmo e a Napoli al Museo Madre. Due esposizioni legate a filo doppio, a cura entrambe di Cloè Perrone. La prima, visitabile fino al 6 novembre, s’intitola Monday e rappresenta il primo brano di una narrazione più ampia che riguarderà tutti gli altri giorni della settimana e che troverà una traduzione espositiva nel 2017, in occasione della personale in programma al Palais de Tokyo di Parigi. Il lunedì, esordio di ogni settimana che porta con sé insieme malinconia ed entusiasmo per il nuovo che arriva, passa sotto la lente d’ingrandimento di Henrot, che affronta il tema attraverso una serie di affreschi e di sculture in bronzo che confermano un indirizzo stilistico coerente e ripetuto, oscillante tra figurazione (pittura) e astrazione (scultura), qui sicuramente suggestionato dal fascino della città di Roma. Un’ispirazione che si concreta nella reinterpretazione della probabilmente botticelliana Derelitta di Palazzo Pallavicini-Rospigliosi, insegna di tutta una serie di allegorie degli umori della vita di tutti i giorni raccontati sui generis dall’artista francese, che non disdegna riferimenti alla storia dell’arte e all’immaginario collettivo contemporaneo. La mostra napoletana, aperta fino al 3 ottobre, s’intitola Luna di latte e inaugura la Sala delle Colonne al primo piano come spazio espositivo. E la scelta non risulta casuale, vista la funzione originaria di ricerca, di studio e di dibattito degli spazi utilizzati, che ben si lega a quella dimensione processuale che Henrot qui ha deciso di svelare. Si tratta di una esposizione che scopre la natura intima del processo creativo di Henrot, che elegge la notte quale momento massimo ma non unico di espressione artistica, e che propone una serie di sculture, disegni, bozzetti e collage preparatori delle opere in mostra a Roma. L’allestimento palesa l’atmosfera quasi atelieristica dello spazio, con i disegni messi a parete con un ritmo quasi mai lineare, simboli di una provvisorietà che è propria del lunedì, il giorno lunare in cui spesso si fa fatica ad abbandonare il letto, o si aspetta ansiosi un messaggio davanti a uno schermo, o ancora si sente un gran macigno sulle spalle, ma che può anche essere preludio di novità.
Info: www.madrenapoli.it; www.fondazionememmo.it