Ugo Rondinone bis a Roma

Nell’intervista di Ludovico Pratesi, curatore della mostra dedicata a Ugo Rondinone (Brunnen, 1964) l’artista stesso risponde che natura, esistenzialismo e romanticismo sono una trinità concettuale che ha sempre accompagnato la ricchezza del suo lavoro. La mostra Giorni d’oro + notti d’argento, aperta fino all primo settembre al Macro Testaccio e fino all’11 ottobre nei Mercati Traianei, è una traduzione esatta di quella trinità, la quale si articola tra due spazi importanti e diametralmente opposti del panorama romano che per l’occasione diventando luoghi di riflessione surreale e fiabesca. All’interno del padiglione 9B del museo viene allestito Vocabulary of solitude, la parte simboleggiante il giorno, per la prima volta in Italia dopo il Museum Boijmans di Rotterdam. Si tratta di 45 sculture di clown per altrettante posizioni diverse che mostrano un’ampia gamma di azioni compiute da tutti nel corso della giornata, dal dormire al pensare.

Benché si tratti della parte riguardante il giorno, i clown hanno tutti gli occhi chiusi e entrando si ha l’idea di trovarsi in un circo addormentato che comunica attraverso la vistosità dei suoi colori. I pagliacci sono una metafora della solitudine che attanaglia le azioni quotidiane anche quando queste vengono compiute in un’ambiente affollato, come capita spesso alle persone, le quali vengono interpretate da tragicomiche maschere isolate. All’interno del padiglione chiuso, gli unici occhi aperti sono le finestre circolari con i numeri d’orologio che rafforzano il tema dello scorrere del tempo.

La parte dedicata alle notti d’argento si svolge invece nell’esedra dei Mercati di Traiano, il complesso archeologico costruito tra il 100 e il 110 d.c., che fungeva da spazio polifunzionale ospitante attività non solo commerciali ma anche amministrative. Rondinone ne sceglie l’esedra per porvi cinque calchi di ulivo realizzati in alluminio verniciato di bianco, ognuno con il nome della luna piena di ogni mese (l’installazione completa comprende dodici alberi) per rendere omaggio alle terre di origine della sua famiglia. Il retaggio familiare dell’artista diviene un elemento reale in un contesto antico e il risultato è che l’intero spazio appare come un luogo elegantemente spettrale in cui si ritrova lo stesso silenzio del padiglione del Macro mentre il contesto passa dall’antico all’ancestrale, al sacro e gli alberi sono come fossili preistorici di una storia che appartiene tanto all’artista quanto al resto del mondo.

La mostra nel suo insieme è un immenso dialogo fra opposti in cui tutto, dal titolo, ai luoghi, ai dettagli (i colori forti e il bianco) sono in armonica contrapposizione. L’artista noto per la profondità dei suoi simboli e per la comunicazione stratificata delle sue installazioni definisce questi elementi, clown e alberi, come metafore statiche in transizione, un’ulteriore paradosso che si riferisce proprio alla loro posizione ferma e al loro stato imperturbabile mentre compiono proprio l’azione opposta: il rappresentare la dinamicità dell’esistenza ogni giorno e la riflessività della notte con uno sguardo al passato e all’inevitabile natura. L’ultima esposizione romana dell’artista, che vive e lavora a New York, risale al 2013 Kiss Tomorrow Goodbye al Palazzo delle Esposizioni mentre altre mostre recenti sono I love John Giorno al Palais de Tokyo, Parigi (2015), Artists and poets (2015), Breathe walk die al Rockbund Art Museum di Shanghai (2014).

Fino al primo settembre; Macro Testaccio; piazza Orazio Giustiniani 4, Roma; info: www.museomacro.org
Fino all’11 ottobre; mercati di Traiano, via Quattro Novembre 94, Roma; info: www.mercatiditraiano.it

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