Favaretto, Good Luck

Una grande stesa di terra accoglie lo spettatore all’ingresso di Good Luck e lo costringe a passarci sopra, sporcarsi, prima di poter entrare nell’universo di Lara Favaretto: 18 cenotafi, dedicati ad altrettante persone scomparse, che hanno deciso di far perdere le tracce di sé. Personaggi celebri, ognuno dei quali ricordato da una scultura realizzata solo di terra, legno, e lamina di rame. Tutte diverse fra loro ma prive di didascalie, in rispetto della scelta di anonimato compiuta da queste persone. Unico elemento che le riconduce a loro è una cassetta di ferro, inaccessibile e nascosta dentro la scultura, contenente oggetti o riferimenti alla persona. Così Ettore Majorana, il fisico italiano scomparso nel 1938, è ricordato con un grosso quadrato tutto di terra; A H. P. Lovecraft, tra i maggiori scrittori di letteratura horror, è dedicato un parallelepipedo in lamina di rame deformato. E ancora ci sono i cenotafi in memoria di Arthur Cravan, il pugile e poeta scomparso durante un viaggio in barca nel 1918 o di Laszlo Toth, noto per aver sfregiato la Pietà di Michelagelo nel 1972. Storie diverse e lontanissime tra loro, forme diverse e complesse come lo sono le storie che racchiudono, in un dialogo tra sculture e personaggi tutto da indagare e scoprire.

Molti dei cenotafi qui esposti sono stati realizzati appositamente per l’occasione proseguendo un lavoro che l’artista porta avanti dal 2010 e che in questi anni le ha permesso di raccogliere, archiviare, studiare, moltissimo materiale relativo a queste vite confluito poi in un libro d’artista chiamato Momentary Monument, un titolo contraddittorio ma che fa riferimento alla inevitabile transitorietà di queste sculture, realizzate con materiali destinati a deperire, rovinarsi. E non c’è infatti nell’artista l’idea di congelare, musealizzare queste opere, riunite qui per la prima volta ma concepite per essere poi disperse e conservate in luoghi diversi, come è già accaduto per due cenotafi che hanno trovato la loro sistemazione definitiva e non sono quindi presenti in mostra. Personaggi eterogenei, biografie bellissime e a volte a tragiche, tutte accomunate da uno stesso gesto, dalla stessa precisa volontà di sparire per ricostruirsi forse una nuova identità. Una riflessione anche sulla nostra contemporaneità: sarebbe possibile oggi compiere un’azione così estrema e radicale, nell’era digitale che ci tiene tutti costantemente monitorati e sotto controllo? Abbiamo ancora il diritto all’anonimato, la libertà di poter sparire senza lasciare tracce? Loro ce l’hanno fatta, e noi? Good luck. Fino al 20 settembre, Maxxi,Via Guido Reni 4A, Roma; info www.fondazionemaxxi.it

 

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