Anna Capolupo al Maca

Non capita spesso che un museo pubblico apra le sue porte ai giovani artisti. È ancora più raro che gli dedichi una grande mostra capace di abbracciarne l’intera, seppur breve, carriera. Il Maca di Acri, paese ai piedi della Sila Greca, in provincia di Cosenza, che, sin dalla sua nascita si è contraddistinto per una ricerca espositiva fuori dai canoni consueti e con un occhio attento al territorio calabrese, lo ha fatto scommettendo sulla giovane pittrice Anna Capolupo (Lamezia Terme, 1983), raccogliendo cinquanta suoi dipinti sotto il suggestivo titolo di Dove sono sempre stata. Vincitrice dell’ultima edizione del premio internazionale Limen Arte e finalista, sempre nel 2014, del Combat Prize e del Premio Terna, Capolupo, calabrese di nascita e fiorentina d’adozione, è uno dei talenti emergenti più interessanti e attivi del panorama nazionale e, assieme al curatore Boris Brollo, è riuscita a dar vita a una mostra incredibilmente ampia e sfaccettata per la sua giovane età.

Il percorso, che si snoda nelle sale del piano nobile del settecentesco palazzo Sanseverino-Falcone, sede del Maca, è suddiviso in cinque capitoli (il mare, il corpo, la Calabria, il bosco e la città), che sono altrettanti luoghi, fisici o metaforici, del viaggio di un’artista in costante movimento. Sono fughe e ritorni che toccano le periferie urbane di Berlino, Torino e Lamezia Terme, che vengono trattate con lo stesso disincanto, senza ricorrere ad alcuna trasfigurazione romantica. Si tratta di luoghi della memoria, sia perché tracciano il passaggio dell’artista nei luoghi stessi, nelle città che ha toccato attraverso i suoi viaggi, sia perché è proprio grazie all’ausilio fallibile della facoltà mnemonica che essi vengono ricostruiti. Sono non-luoghi della memoria, perché, pur avendo una resa estremamente realistica, quasi tattile, non hanno nulla di fotografico, ma vivono della tensione che l’artista pone nel tentativo di superare, in realtà, la resa fotografica.

L’assenza dell’uomo è un inganno, perché i paesaggi ritratti sono umani e trasudano di un’umanità ruvida, di degrado, ma anche di luce, di colori espressionisti, che denotano tanto il passaggio dell’artista e la sua presenza intima, quanto la novità e il cambiamento che si sovrappongono al passato dei luoghi. Un fascino aggiunto alla potenza visiva delle opere in mostra è dato dalla possibilità di seguire la crescita e la maturazione della giovane artista. Ognuna delle cinque sezioni raccoglie opere realizzate nell’arco degli ultimi sette anni, ed è possibile seguire il cambiamento stilistico da un realismo ruvido verso una semplificazione dell’immagine, sempre più ricca di suggestive astrazioni e di un uso espressionistico del colore.

Fino al 7 giugno; Maca, piazza Falcone 1, Acri; info: www.museomaca.it

Articoli correlati