Exit, Fabrizio Cicero

Diciamo pure galleria ma questa è costruita su un codice binario che di quella conserva soltanto un’affinità: l’esporre. Più vicino alla casa senza pavimento cantata da Sergio Endrigo che al white cube, Asa nisi masa è una galleria online. Non esiste. Realmente. Nata nel 2013 e gestita in collaborazione da Dude e Artnoise, lo spazio virtuale si prepara a ospitare, oggi alle 18:00, Exit di Fabrizio Cicero a cura di Paola Paleari. La sentiamo per capire come sia possibile una mostra senza candidi intonaci.

Non avere in mano un lavoro né una stanza dove esporlo è stata una liberazione?

«Non ho mai curato mostre di questo tipo e forse è solo ora che ci rifletto in maniera cosciente. All’inizio c’è stato più che paura, insicurezza. Sia io che Cicero ci misuravamo per la prima volta con un progetto del genere: un lavoro realizzato espressamente per un’esposizione virtuale. Se parliamo di mostra online, ma l’esporre si esaurisce in uno slideshow di lavori preesistenti, è cosa diversa. Exit è nato per essere presentato in una galleria virtuale, forse senza Asa nisi masa non sarebbe mai esistito».

Prima di parlare della mostra, di solito curarne una è fare i conti con uno spazio chiuso. In questo caso, dato un ambiente potenzialmente infinito, parte del lavoro è stato costruire dei confini?

«È la cosa su cui vogliamo puntare di più e penso sia una delle risorse più grandi: liberarsi dai vincoli fisici e spaziali. Potenzialmente qui un curatore come anche un artista può immaginare di fare qualsiasi mostra. Asa nisi masa è comunque suddivisa in quelle che chiamiamo room ma che per ora hanno il solo scopo di dividere le varie esposizioni. All’interno di ogni stanza l’unico limite è l’infinito, nasce una galleria nuova a ogni nuovo progetto perché non c’è nessuna galleria».

Exit, come è nata?

«Ho spinto insieme a Cicero verso una direzione che lui aveva già intenzione di intraprendere e in parte aveva già intrapreso: il video. Manhattan è uno dei suoi ultimi lavori: una take sull’industria di Milazzo lunga una notte e proiettata poi su un tronco d’albero. Insieme abbiamo ragionato su come creare un nuovo contenuto per Asa nisi masa, partendo proprio da dove si era fermato».

In cosa consiste la mostra?

«Sono una serie di video in cui l’artista fa interagire delle opere fisiche con elementi esterni come la luce e il vento. Le opere tridimensionali sono state portate dentro un teatro e sottoposte a variazioni luminose che regalano una diversa interpretazione delle opere stesse. I lavori reali, delle strutture modulari, sono stati precedentemente realizzati dall’artista e lo spettatore che interagisce con i video osserva in realtà il rapporto dell’artista con la sua opera».

Una doppia smaterializzazione: un’opera che non c’è in una galleria che non esiste

«Un’astrazione se vogliamo. È stato interessante giocare con l’artista perché ancora legato al gesto e alla matita. Il punto di partenza della mostra è infatti reale: le sue sculture, e solo dopo un cammino si arriva a un’astrazione dell’opera iniziale condotta attraverso la luce».

Come avete realizzato Exit?

«Abbiamo queste strutture preesistenti poggiate su un palco teatrale. La loro fissità e immobilità è messa in discussione da luci manovrate dall’artista che regalano nuove ombre all’opera. Una telecamera registra i vari passaggi luminosi e ne documenta il risultato in bianco e nero. Sono sei video in loop per tre tipologie di lavori reali. L’oggetto è immobile, la camera è fissa e tutto quello che accade succede attraverso la luce. Abbiamo ragionato a lungo su come presentarli: con una colonna sonora, non mettiamo niente oppure mandiamo in onda il suono diretto delle riprese. Alla fine abbiamo deciso di non mettere nulla e puntare solo sul visivo, anche provando l’attenzione dello spettatore».

Ci sono due forme geometriche molto forti nella mostra. Il cerchio (dal loop dei video all’infinito della galleria) e il triangolo (elemento base delle sculture di Cicero)

«Sì. Nelle strutture c’è un triangolo fisso di dimensioni sempre uguali e più che di scultura si dovrebbe parlare di modulo, perché dalla scultura si parte da un totale per poi togliere, in questo caso si comincia da un elemento e si procede per aggiunte. Il risultato è una costruzione potenzialmente infinita che si ricollega ai loop del video, alle sfumature luminose dell’opera e se vogliamo all’infinito della galleria. La mostra è un po’ un punto di incontro fra queste due figure apparentemente antitetiche: il cerchio, geometria aperta e il triangolo geometria chiusa per eccellenza».

Carbonenero, la mostra precedente, aveva una vocazione politica. Cicero ha fatto anche dei lavori politici, anche Exit segue questa linea?

«No, è un lavoro del tutto introspettivo, personale e credo che questo sia il primo abbandono del figurativo per Cicero verso una pura astrazione. Exit finalmente è un progetto molto semplice ma complesso, sicuramente puro: pochi elementi fortissimi che creano il tutto».

Dal 16 febbraio al 16 marzo; galleria online Asa nisi masa; info: www.anmgallery.com

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