Lina Bo Bardi alla Triennale

Together è la naturale evoluzione del pensiero di una donna, Achillina Bo (Roma, 1914), architetto, allieva e collega-collaboratrice di Gio Ponti e Bruno Zevi nella Milano degli anni ’40 in pieno fermento culturale, ma anche nel pieno della guerra mondiale e dell’occupazione tedesca, che ha cambiato il modo di vedere e fare architettura dagli anni cinquanta fino ad oggi. Trasferitasi a San Paolo del Brasile nel 1946, diventando, poi, cittadina brasiliana nel 1951, intraprende una grande carriera come architetto e designer lasciando un’impronta significativa nel campo della progettazione per la sua attenzione al luogo, alla cultura dei popoli che vi abitano e alle loro tradizioni. Una «dimensione sociale dell’architettura», come l’ha definita la curatrice della mostra Nomemí Blager, nella quale si eliminano le gerarchie (sociali, culturali, religiose, anagrafiche…) per lasciare spazio al potenziale espressivo di ogni persona in un dato spazio; edifici che, quando sono abitati, vibrano e si caricano di energia vitale. Questo è stato il fulcro della ricerca dell’architetto Bo Bardi, pensiero che è riuscita a trasmettere in modo limpido e immediato attraverso le sue opere.

Ciò che il curatore della mostra, insieme agli artisti Madelon Vriesendorp, Tapio Snellman, Ioana Marinescu, ha voluto far emergere è l’esperienza dello spazio più che la messa in mostra di un qualcosa: lo spazio espositivo nel quale ci si perde tra i film sospesi e avvolgenti che ritraggono scene quotidiane di San Paolo, del centro Secs Pompéia (realizzato tra il 1977 e il 1986), i suoi quartieri, la sua gente, i suoi ritmi; lo spazio del lavoro e della creatività, ma anche quello della memoria e della tradizione, presente con una serie di manufatti in parte recuperati dall’artista Vriesendorp nei mercatini di Salvador de Bahia e in parte realizzati durante un workshop alla Solar do Unhão (realizzato nel 1959); lo spazio dell’intimità ripreso nelle fotografie della Casa de Vidro (1951) realizzate da Ioana Marinescu, immagini nelle quali si può osservare la grande attenzione per il dettaglio, per i materiali, ma soprattutto il dialogo costante con la natura circostante.

La mostra, ultima tappa di un lungo tour europeo, si chiude con la Bardi’s Bowl Chair, la poltroncina disegnata da Lina Bo Bardi nel 1951, mai realizzata, e prodotta in una serie limitata per l’occasione da Arper. Ad arricchire il tutto, ma soprattutto a guidarci nella lettura della mostra, mani di carta con il dito indice puntato che pendono dal soffitto e che reggono citazioni della Bo Bardi tratte dai suoi scritti. Per concludere, tutto il significato dell’esposizione, della ricerca degli artisti, del titolo stesso scelto per la mostra, può essere riassunto in una frase della stessa Lina: “la libertà dell’artista è sempre stata concepita come individuale, ma una libertà autentica può essere tale solo se è collettiva”. Together, appunto.

Dal 5 settembre al 5 ottobre, Triennale di Milano, Viale Emilio Alemagna, Milano. Info: www.triennale.it

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