Il Museo d’arte di Lugano ospita fino al 20 luglio la mostra Jean Arp-Osvaldo Licini, a cura di Guido Comis e Bettina Della Casa. L’esposizione mette a confronto due artisti che, seppure in modo diverso, sono stati protagonisti del dibattito artistico del ‘900 in ambito italiano e centro europeo. Un dialogo inedito che si pone in continuità con la linea espositiva inaugurata dal museo nel 2013 con la mostra Klee-Melotti che, come spiegano i curatori, anticipa la filosofia del centro culturale Lac (Lugano arte e cultura) che aprirà nel 2015, incentrata sul concetto di dialogo e confronto. Nonostante Jean Arp e Osvaldo Licini abbiano sviluppato negli anni linguaggi e stili del tutto personali, i curatori hanno voluto svelare come vi siano effettivi e sorprendenti punti di incontro nella ricerca estetica di questi due personaggi. Un incontro che non avvenne mai fisicamente, ma di cui le loro opere portano i segni, probabilmente solcati dalle suggestioni letterarie, filosofiche, pittoriche che tutti e duei hanno tratto dal fervido clima culturale d’avanguardia a loro coevo. L’esposizione di Lugano, contestualizzando sul piano storico-artistico le loro ricerche, rintraccia sviluppi affini (seppure indipendenti) e radici comuni, legate alle loro scelte stilistiche e formali ma anche all’ispirazione che entrambi hanno tratto da un cospicuo numero di artisti internazionali, tra cui Matisse, Modigliani, Kisling, Klee, Kandinskij, Van Doesburg, Albers e altri ancora.
Entrambi portati dalle loro esperienze verso l’astrazione (sebbene il percorso di Licini si sia sviluppato a partire da una prima stagione figurativa, di cui sempre è rimasta una traccia), hanno concentrato la loro poetica sulla ricerca della semplificazione, trovando nei segni elementari, primordiali, l’espletazione del loro orientamento formale. Il segno geometrico sia per l’uno che per l’altro è stata la strada per rappresentare la fusione tra uomo e natura, resi attraverso l’astrattismo che deriva per ognuno di loro dal proprio e individuale immaginario, ma anche attraverso un’estrema eleganza e raffinatezza formale. Se la poetica di Arp, influenzata dal cubismo e dal surrealismo, ma ancora di più marcata dall’esperienza dada, si sviluppa sulla scia della poetica del caso, quella di Licini è governata da una profonda atmosfera allegorica e simbolica, in cui è centrale la dimensione onirica. La purezza della linea di Arp si confronta con le forme di Licini, invase da presenze mitiche e fantastiche e, mentre nel primo l’essenzialità si manifesta nel collage e nella sintesi materica, nel secondo è il colore che delinea il tratto segnico e ne delimita il confine.
Osvaldo Licini, pur vivendo prevalentemente a Monte Vidon Corrado, dove era nato nel 1894 , si rapporta con l’arte internazionale che condizionò in maniera decisiva la sua formazione. Come il clima effervescente della Parigi degli anni ‘20, città in cui soggiornò in diversi momenti della sua vita. Anche Arp, nato a Strasburgo da madre alsaziana e padre tedesco (per questo alternò per tutta la sua vita il nome tedesco di Hans e quello francese di Jean) visse tra la Francia, la Germania e la Svizzera. Cercando di superare le forme tradizionali del figurativismo, si cimentò inizialmente con la pittura e il collage, dagli anni ‘30 in poi decise di dedicarsi prevalentemente alla scultura, sfruttando numerosi generi di materiali e creando forme dai volumi essenziali e dalle superfici levigate. Il percorso espositivo si articola in sezioni distinte, che seguono le tappe di entrambi gli artisti: dagli anni di formazione, verso l’astrazione geometrica, la mostra si sofferma sull’indagine dell’universo naturale, sull’uso delle lettere e dei simboli per chiudersi con un’importante sezione dedicata alla figura biomorfa.