Pasolini e Roma

«Ho incontrato Pasolini per la prima volta nel 1973, avevano appena sequestrato il suo film La ricotta. Mi aspettavo, quindi, di trovarmi davanti un uomo incattivito e invece mi si svelò come una persona candida: questo suo atteggiamento mi colpì molto e mi conquisto per sempre». Inizia con uno spezzone che filma Gianni Borgna che ricorda Pasolini l’affollata conferenza di presentazione della mostra Pasolini Roma, in programma al Palaexpò fino al 20 luglio. Borgna, venuto a mancare a fine febbraio, è tra i tre curatori dell’esposizione capitolina nonché grande conoscitore dell’opera dell’intellettuale friulano. Nonostante l’aggravarsi della malattia, l’ex assessore alla cultura ha continuato a lavorare al fianco di Alain Bergala e Jordi Ballò per consegnare al visitatore un viaggio poetico nei 25 anni che Pasolini trascorse a Roma, una città che l’autore riuscì a catturare con passione nelle sue contraddizioni e attraverso i suoi tessuti più genuini, in un continuo rapporto di amore e odio. Sei sezioni raccontano in ordine cronologico i decenni romani di Pasolini, dal suo rocambolesco arrivo ventottenne nel 1950 fino alla tragica morte avvenuta ad Ostia nel novembre del ’75: tra i lugubri binari della stazione Termini e le onde del litorale capitolino bagnate dalla luce dell’alba, la mostra si snoda in un percorso che racconta i luoghi, gli umori e le atmosfere da cui Pasolini ha attinto la sua straordinaria creatività e che ha restituito sotto forma di poesie, film, lettere, quadri, appunti, fotografie, articoli e immagini: un flusso di pensiero, sempre lucido ma mai distaccato intriso di una “disperata vitalità” ma anche di ragionevoli dubbi, attraverso il quale ha ridefinito i contorni di Roma, una città che a lui deve molto ancora oggi.

«La mostra – dichiara Jordi Ballò, del Centro di cultura contemporanea di Barcellona dove la mostra è stata in programma nel 2013 – è nata con l’intenzione di raccontare il rapporto di un artista del Novecento con la sua città, natale o acquisita, in modo da mitizzare la città stessa. L’abbiamo fatto con Kafka e Praga, Joyce e Dublino e ora ecco Pasolini e Roma. L’esposizione non vuole essere nostalgica ma intende consegnare al visitatore un personaggio familiare capace di parlare a tutte le generazione e all’Europa intera. Nel percorso espositivo non troverete testi dei curatori ma esclusivamente estratti di scritti pasoliniani, una scelta che permette di immergersi completamente e senza intrusioni dall’esterno nella poetica e nella società vissuta da Pasolini». Pasolini conosce e analizza una Roma fino ad allora nascosta agli occhi e alle penne degli intellettuali: quella delle periferie “oltre i capolinea” in cui si trova a vivere appena giunto in città, con un’umanità vorace e verace che il giovane professore di liceo non si limita a descrivere dal di fuori, come accadeva con Emile Zola e il suo romanzo di denuncia sociale, ma che vive ogni giorno dal suo interno. Passano gli anni e Pasolini si inserisce sempre di più nel tessuto culturale della città, debutta con uno stile personalissimo dietro la macchina da presa e pubblica romanzi che si fanno notare. Conosce e frequenta tanti artisti e pensatori, su tutti Alberto Moravia ed Elsa Morante che con lui viaggeranno lontano, in India e in Africa. Cambia casa e quartieri, lascia la periferia frequenta il centro e trasloca all’Eur, nell’abitazione di via Eufrate dove all’orizzonte lavorano senza sosta le gru per dare spazio ai nuovi insediamenti urbani che mangiano la campagna e da dove si intravede in lontananza il mare.

Accanto a suggestive foto in bianco e nero, spezzoni di interviste e fogli manoscritti, la mostra (che è già stata a Barcellona e Parigi e dopo Roma sarà a Berlino) presenta dipinti e disegni a firma dello stesso Pasolini: autoritratti con il volto scuro ma con un fiore in bocca e tele astratte dai titoli melanconici come Il mondo non mi vuole più e non lo sa. E a fare da appetitoso contorno alcune opere di artisti, come Fabio Mauri e Dino Pedriali, che a lui si sono direttamente ispirati e una galleria ideale dei pittori contemporanei da lui descritti in una poesia: Morandi, Mafai, De Pisis Rosai Guttuso. Per tutta la durata dell’esposizione al Palaexpo si succedono un ampio programma di eventi collaterali: film, incontri e proiezioni perché, come ha ricordato Franco Bernabè dopo la recente nomina alla guida dello spazio museale, «Roma ha bisogno di cultura, è parte essenziale del proprio essere». Roma, forse aggiungerebbe Pasolini, ha bisogno anche della verità ad ogni costo: di quella “libertà di dire tutto senza pensare alle conseguenze” che l’artista ha sempre perseguito durante la sua impagabile esistenza.

Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194, Roma. Fino al 20 luglio. Info: www.palazzoesposizioni.it; www.pasoliniroma.it