La basilica dei santi Bonifacio e Alessio all’Aventino è uno scrigno colmo di tesori, fulcro di un percorso di arte, di cultura e di fede che racconta la storia di Roma a partire dal IV secolo dopo Cristo fino a oggi. Da domani viene presentato al pubblico un nuovo itinerario nascosto, che i chierici regolari somaschi della basilica rendono ora accessibile in collaborazione con l’associazione di storici dell’arte Spazio arte Roma: la cripta romanica, dove la tradizione vuole siano conservate le reliquie di Tommaso Becket, con le pareti affrescate nel XII secolo, il giardino del belvedere e una preziosa pittura murale del X secolo nascosta alla base del campanile, mai mostrata al pubblico prima.
Il primo impianto della chiesa risale alla fine del V secolo dopo Cristo nell’abitazione di una famiglia aristocratica, che la tradizione ritiene essere quella di sant’Alessio, uomo di Dio, pellegrino e penitente. Nel X secolo la basilica viene intitolata ai santi Bonifacio e Alessio e diventa dimora di santi e monaci di cultura greca e latina. Rimaneggiata nel XIII secolo, sotto Papa Onorio III, e ampliata nel XVI secolo, l’attuale basilica si presenta nel suo aspetto settecentesco, grazie ai grandi lavori avviati nell’anno giubilare 1750.
Da non perdere, sempre all’Aventino, la visita dell’adiacente complesso monumentale di santa Sabina, una delle mete più suggestive di Roma. Basilica paleocristiana per eccellenza, la chiesa è solo la parte più nota e visibile di uno straordinario complesso monumentale, racchiuso dal convento domenicano che oggi i frati predicatori aprono ai visitatori in collaborazione con l’associazione Circuito aperto.
Il complesso si è sviluppato nei secoli intorno alla basilica paleocristiana del V secolo, voluta da papa Celestino I e realizzata da Pietro d’Illiria. A questa prima fase tardoantica e altomedievale e a quella del XIII secolo si aggiungono gli ampliamenti del periodo cinquecentesco e seicentesco, che hanno arricchito il convento di tesori d’arte, ancora poco conosciuti: il nuovo museo domenicano aperto nel 2010 è ricavato negli spazi dell’antico dormitorio medievale dei domenicani e si presenta come un eccezionale luogo della memoria che racconta, attraverso le testimonianze architettoniche (gli archi paleocristiani e la suggestiva finestrella di san Domenico) e le opere d’arte, la storia dell’ordine dei frati predicatori, del convento e della basilica di santa Sabina.
Tra i capolavori esposti, una scultura duecentesca attribuita ad Arnolfo di Cambio, la tavola con san Vincenzo Ferrer di Antoniazzo Romano, la Madonna del Rosario di Giovanni Battista Salvi, detto il Sassoferrato, e alcuni straordinari inediti seicenteschi.
E ancora: la cella di san Domenico, il luogo dove, secondo la tradizione, il santo vissuto nel Medioevo è stato trasformato nel XVII secolo, per volere di papa Clemente IX e per mano di Gian Lorenzo Bernini, in un prezioso scrigno barocco. Poi, Nartece che ospita dei capolavori indiscussi: la porta lignea del V secolo e l’affresco altomedievale, di recente scoperta, con la Vergine, il Bambino, san Pietro, san Paolo, santa Sabina, santa Terapia e i donatori. Infine, gli scavi archeologici: sotto il giardino conventuale sono visibili i resti di una domus romana con un impianto termale e un Iseo. Tale insediamento si addossa alle Mura serviane del VI secolo avanti Cristo. Una delle chiese paleocristiane piu’ antiche e meglio conservate, Santa Sabina offre dunque al visitatore un ideale viaggio nella storia dell’arte: dalla fondazione tardoantica ai rimaneggiamenti medievali, dalla trasformazione cinquecentesca operata da Domenico Fontana, al restauro del XX secolo che ne ha riportato in luce l’originario splendore.