Il bilancio di Amiex

Oltre 1.000 operatori e delegazioni provenienti da 7 paesi di 3 continenti diversi, 850 incontri one-to-one, decine di meeting informali, 20 incontri one-to-many e più di 500 follower attivi su twitter nel corso dell’evento. Sono prima di tutto i numeri a dimostrare l’interesse della prima edizione di Amiex, il primo marketplace europeo dedicato al mondo della cultura e dell’impresa. Un luogo, voluto e promosso, dalla Fondazione industria e cultura di confindustria di Torino i primi di marzo, per rendere protagonista la cultura e farla dialogare con le aziende. «La cultura è uno dei valori fondamentali per lo sviluppo di un territorio, il motore su cui bisogna continuare a investire, una delle leve fondamentali per uscire dalla crisi», ha ricordato Piero Fassino, sindaco della città di Torino, nelle giornate di apertura della manifestazione.

Amiex, risulta essere quindi in controtendenza rispetto all’Italia che vede, da norda a sud, meno ore di didattica, di storia dell’arte, sfregi alle opere, predazione di resti archeologici, incuria. In un contesto simile, viene da chiedere: quale ruolo può avere un museo che è al centro di ogni processo culturale? A questa domanda risponde Patrizia Asproni, ideatrice dell’evento e presidente della Fondazione industria e cultura: «Le mostre sono il biglietto da visita per un paese: chi trasferisce le mostre trasferisce la conoscenza di quello che un paese può offrire». Nella due-giorni di lavori, nel capoluogo piemontese, si è parlato di arte ma soprattutto di mostre e grandi esposizioni internazionali. Accanto a Svizzera, Olanda, Francia, Germania e Usa, c’erano anche i grandi paesi emergenti tra cui Qatar, Cina, Azerbaijan e Messico, insieme per fare rete, portare suggerimenti e criticità. Amiex, che vuole definirsi un format 2.0 pensato per superare la visione tradizionale di fiera o evento, ha voluto focalizzare l’attenzione sui nostri problemi culturali: poche mostre di qualità, poca distribuzione all’estero e la mancanza di mostre itineranti. L’ideatrice dell’ evento, Patrizia Asproni ha voluto sottolineare che «I partecipanti hanno compreso il senso di quello che volevamo fare: entrare nella visione della cultura oltre il 2.0, quella capace di fare un passo avanti rispetto all’idea tradizionale del bene culturale, quella capace di innovare e di fare sistema con settori diversi ma vicini, primo tra tutti il turismo». A capirlo sembrano essere stati proprio i giovani operatori che erano presenti con le proprie start up culturali: innovative, tecnologiche e multimediali. Giovani ma rappresentativi della cultura 2.0 e Amiex sembra aver voluto rappresentare (o anticipare) il cambiamento.

 

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