La musa del surrealismo

Il suo nome è celebre e le sue opere sono conosciute in tutto il mondo. In Déjeûner en fourrure ha rivestito una tazzina di caffè con una pelliccia, in La mia governante ha presentato su un piatto d’argento due cosce di pollo, che in realtà erano un paio di scarpe bianche arrotolate con uno spago. Tuttavia, nonostante siano passati centun anni dalla sua nascita, Meret Oppenheim continua a essere spesso fraintesa e sottovalutata.

È stata quindi ben accolta la grande retrospettiva francese che il museo d’arte moderna di Lille ha deciso di dedicarle, esponendo 200 opere dal repertorio artistico, prese in prestito da collezioni private e musei europei. Ironica e trasgressiva, si è sempre ispirata ai miti, ai sogni, creando opere al limite tra il bizzarro e lo sconcertante, muovendo i primi passi verso l’arte concettuale. Nonostante non si commetta errore associandola al surrealismo, l’artista non si è mai lasciata trascinare dal vortice delle tendenze alla moda, senza confondersi tra i nomi marginali di coloro che vi hanno aderito, prima o poi, nel corso della loro carriera.

L’esposizione corposa si è tenuta dapprima a Vienna e Berlino e la curatrice austriaca Heike Eipeldauer ha voluto principalmente sottolineare proprio la singolarità di questo personaggio, presentandola come un’artista profondamente originale, portatrice di quel gene femminile che ha regalato al surrealismo un indelebile contributo. Ciò nonostante, le critiche di alcuni quotidiani, come Le monde, hanno rimproverato alla curatrice di seguire in modo troppo deciso la decisione di estrapolarla dal movimento surrealista, minimizzando le importanti relazioni intraprese con gli artisti surrealisti (per i quali era amica, musa e in alcuni casi anche modella) e, in generale, tralasciando gli eventi storici e cronologici degli anni ’30, fondamentali per capire al meglio la sua figura complessa.

Nata il 6 ottobre 1913 a Charlottenburg, oggi nel cuore della capitale tedesca ma fino al 1920 una città autonoma, Meret ottiene il suo primo successo a soli 23 anni proprio grazie alla tazza impellicciata. In verità, già all’età di 16 anni il suo humor stravagante viene notato dai surrealisti, affascinati dall’equazione semplice che la ragazza trascrive su un quaderno: X = coniglio, trovata che tre anni dopo le apre le porte del Salon dei surindépendents a Parigi. Nonostante il successo precoce, Meret si allontana però dalla cerchia bretoniana per trascorrere un periodo in Svizzera, per poi tornare in Francia nel 1959 con una performance che sconvolge il pubblico: Festino di primavera un pranzo consumato su un corpo nudo di donna. Per questa operazione si sentì fraintesa e cercò di svincolarsi per tutta la vita da coloro che la volevano etichettare come femminista o surrealista. Non a caso il suo motto, ancora attualissimo, era: «La libertà non ci viene data, bisogna prendersela».

Fino al 1 giugno, Lam, Allée du Musée, 59650 Villeneuve-d’Ascq, Lille; Info: www.musee-lam.fr

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