Il paesaggio immaginario che ciascuno di noi, presto o tardi nella vita trova dentro sé stesso, è forse l’unico che davvero ci appartiene ed è quello che ci consente di trovare la nostra dimensione più vera e libera, la più luminosa. Darlingtonia nella fenomenologia di Concetta Modica sintetizza proprio questo universo sospeso, è il paesaggio attraverso cui lei elabora il sentimento, in cui ritrova la ragione dell’esistenza, polverizzando il suo fantasma più grande: il tempo. In Darlingtonia il tempo esiste solo come materia della sperimentazione, come elemento che muta le cose rivelando identità nascoste. Concetta Modica ritrova nella materia le tracce di un divenire mutevole, che stravolge ogni cosa rendendola sempre diversa, come per le persone o le piante, accomunate dalla partecipazione alla medesima essenza materiale, limitata, fragile. Eppure questa fragilità ha in sé una straordinaria potenza, è rivelazione continua, misteriosa energia. Modica non si sottrae alla struggente contemplazione della natura, non risparmia le sue considerazioni sull’inconsistenza dell’umanità, eppure la sua riflessione contempla anche la possibilità di trovare proprio in questa natura mortale la ragione per vivere, rivela la straordinaria unicità di un’esperienza altrimenti irripetibile. La vita stessa, che nasce con la promessa della fine, ha nella consistenza precaria proprio la sua più grande bellezza. Per preservarla occorre accettarla e attraversarla, e Modica ne esplora l’itinerario esistenziale attraverso quelle “geografie” che l’umanità ogni attimo crea, forse inconsapevolmente, forse come estrema necessità di affermazione. Geografie fatte di appartenenza, di affinità, di scelte e di dubbi che come dice l’artista: «partono da noi stessi, dalle persone, dai racconti, dalle cose che raccogliamo, che percepiamo. La geografia che si scorge in una foglia mangiata dai vermi e dal tempo, in cui si formano laghi, fiumi. Il presente che fagocita che dimentica presto».