L’arte di Arianna Bonamore è un’arte contemplativa e manuale allo stesso tempo. Bonamore agisce nella solitudine di un’azione che deriva dalle viscere più profonde. Contempla tavole di Osb (Oriented strand board) che hanno delle forme lignee prestabilite e le rende vive attraverso il colore. Qual è il suo processo creativo? Guarda le tavole, le tiene in memoria nella veglia e nel sonno fino ad arrivare a tirare fuori delle forme, spesso animalesche, che però già si trovano nelle indicazioni del legno. C’è una duplicità d’incontro: le forme si dirigono verso di lei, lei si impossessa delle forme e ne fa ciò che vuole. Tecnica e immaginazione. Attrazione reciproca fra oggetto e anima. Scambievole sostanza di inclinazioni visive. Scavo interiore e attenzione all’immagine. Visionarietà controllata nella materialità. Azione e reazione. Coinvolgimento e distanza. Discesa nell’inconscio attraverso la razionalità di un già dato, il legno. Accesso al vissuto che si trasforma in epifania di figure misteriose e affascinanti di fronte cui bisogna fermarsi per assaporarle nella loro completezza e sostanza. Sospensione del pensiero precostituito per un coinvolgimento emotivo che tocca corde nascoste. Associazione di idee e segni che vanno oltre il gioco prestabilito della consuetudine dello sguardo artistico.
I suoi lavori sono policromatici, agiti con pennarelli di colori diversi che si incastrano, strutturano l’immagine sempre poetica, rendono l’equilibrio in un gusto estetico accentuato. I quadri dell’artista hanno significati profondi come nella mostra Arianna Bonamore @Ventinovegiorni allo spazio Menexa con presentazione di Paolo Aita. Qui sono esposte tre opere: Animalia e due Senza Titolo. Animalia si ispira all’istinto animale nel riferimento alle tradizioni degli indiani d’America in cui gli animali sono visti come totem associati all’uomo, ogni uomo si rapporta con uno o più animali dentro di sé. Il secondo quadro del percorso pensato da Bonamore raffigura due cavalli, uno bianco e uno nero, che rappresentano le due parti dell’anima: il lato oscuro e il lato lucente, la razionalità e l’istinto, la luna e il sole. Mentre il cavallo bianco, la razionalità, guarda verso di noi, il cavallo nero, l’istinto, è di profilo e batte il muso sul cavallo bianco, a significare che la razionalità modera l’istinto.
L’ultimo lavoro è affiorato dopo un sogno dell’artista in cui le rane erano protagoniste: rettili, anfibi, animali di palude rappresentano l’accettazione di ciò che per l’uomo è oscuro, melmoso, paludoso, uno stato terreno e basso che funziona come radice e origine dell’istinto e della vita. L’esposizione si inserisce nel ciclo Ventinovegiorni che si svolge allo spazio Menexa ed è organizzato da Kou: le mostre inaugurano ogni giorno di luna piena in un luogo che non è deputato all’arte ma si presta a promuovere artisti in modo non convenzionale, senza un curatore e attraverso le indicazioni degli artisti stessi che vi hanno partecipato che propongono l’artista successivo. L’inaugurazione della mostra si è svolta nel giorno di San Valentino, per l’occasione si è pensato a un omaggio all’amore con il dono di una poesia di Paolo Aita ai partecipanti, ne pubblichiamo un estratto: «Amare come accade/ ed essere più lacrima/ matta negli occhi di tutti,/ e più silenzio/ quando mi farai cadere».
Fino al 13 marzo; spazio Menexa, via di Montoro 3, Roma; info: www.ventinovegiorni.it