Rhome – Sguardi e memorie migranti

Roma

Questa mostra fotografica è il punto di arrivo di un progetto di ricerca, frutto della collaborazione tra il museo di Roma, l’associazione èarrivatoGodot, il Cnr e Officine fotografiche Roma. Rhome parte da una riflessione sull’identità del museo di Roma per arrivare a tratteggiare un profilo del legame esistente tra la città e i suoi migranti. L’elemento ispiratore e caratterizzante del museo di Roma è stato fin dagli inizi il sentimento della memoria dei luoghi della città. Nasce infatti nei primi decenni del Novecento per il desiderio, diffuso e condiviso, di fissare il ricordo dei luoghi di Roma ormai scomparsi o in via di trasformazione per effetto dei primi piani regolatori e degli interventi di epoca fascista. In linea con il tema originario della memoria della città, il museo ha voluto prestare ascolto e dare voce anche ai nuovi cittadini di Roma: i migranti provenienti da tutto il mondo, che fanno parte oggi del tessuto strutturale della Capitale e del resto del paese. In particolare, il progetto Rhome si è interrogato sulle emozioni dei cittadini migranti nei confronti di Roma e sulla loro memoria dei luoghi. Nel lavoro sono state coinvolte 34 persone, appartenenti sia alle 14 comunità straniere più numerose a Roma sia ad altri Paesi. Le ragioni del loro trasferimento sono le più varie, così come molto diversificate sono le loro età, culture, fasce sociali, occupazioni. Tutte abitano a Roma, da più o meno tempo. E a tutte, al termine di una lunga intervista sul proprio rapporto con la città, è stata posta la domanda: «Qual è un luogo di Roma che non dimenticherai mai, un luogo che porteresti sempre con te, anche se tornassi nel tuo Paese d’origine o andassi a vivere in un altro posto?». A ciascuno è stato chiesto di esprimere e affidare il proprio ricordo non soltanto alle parole ma anche a un’immagine fotografica. 12 fotografi, allievi e insegnanti dell’associazione Officine fotografiche Roma, hanno accompagnato ciascun migrante in questo percorso stimolante e impegnativo. Insieme, hanno intessuto un dialogo mirato a comprendere in profondità le ragioni della scelta del luogo, ragionando sulla costruzione dell’immagine, l’inquadratura più adatta ad esprimere la visione personale di ogni singolo partecipante. Ogni fotografo si è reso così “occhio” del partner, lasciandogli la regia dell’immagine. Nella stessa ambientazione, i fotografi hanno realizzato il ritratto dei migranti.

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