La pazza della porta accanto

Con la collaborazione di Rai Cinema Antonietta De Lillo realizza il documentario La pazza della porta accanto. Prodotto dalla Marechiarofilm, l’opera è il risultato del recupero di vario materiale risalente a circa vent’anni fa riguardante la poetessa milanese Alda Merini; un ritratto che omaggia la memoria a proposito di una figura letteraria caratterizzata da contraddizioni ma anche da forte lucidità quando si tratta di porre l’attenzione sull’arte della poesia. La De Lillo riesce con delicatezza a porsi di fronte a un personaggio complesso che si concede con disponibilità ma sempre con una certa diffidenza, ripercorrendo momenti di vita raccolti tra argomentazioni quali l’amore, l’infanzia, la maternità, il rapporto di coppia e la follia. Un progetto contro la filosofia usa e getta delle immagini con il fine di porre a confronto generazioni diverse e restituire un quadro il più possibile completo della Merini mediante una lunga conversazione sorretta dalla follia del genio e da aspetti di grande impatto letterario basati su una vasta produzione di opere dall’incisiva forza narrativa.

Tra i Navigli di Milano la poetessa, scomparsa nel 2009, si racconta con una calma particolare anche quando affronta quelli che probabilmente sono stati i due temi fondamentali della sua vita: il trauma dovuto ai venticinque anni trascorsi in manicomio e quello dei figli sottratti a causa dei vari ricoveri negli ospedali psichiatrici. Grazie a Giacinto Spagnoletti esordisce nel 1950 con le liriche Il gobbo per poi proseguire nel 1953 con La presenza di Orfeo e Tu sei Pietro del 1962 edito da Scheiwiller. Successivamente a un lunghissimo periodo d’internamento viene pubblicato nel 1984 La terra santa, forse il volume più significativo e rappresentativo perché basato sull’esperienza del manicomio e nel quale le opere dell’artista assumono forma ancor più intensa; quasi come un parto più che sofferto poiché sorrette da enorme sofferenza psichica e fisica per terminare attraverso una certa rinascita costituita da un apparente risanamento. È dunque il tema del manicomio che fa della Merini un personaggio vissuto e caratteristico, dal sapore contemporaneamente drammatico e poeticamente oscuro che attrae il lettore in un modo nuovo attraversandolo con buie sfaccettature.

Un vissuto e una mente contraddittori, spesso confusionari e altalenanti che trovano unica logica e linearità nelle stesse opere dell’autrice restituendo un quadro moderno, profondo, e accessibile anche a un pubblico più giovanile. Merini resta rivoluzionaria anche per quanto riguarda la religione cristiana, altro argomento a lei caro che tratta con particolare ironia, con una certa criticità e molto senso pratico; a questo proposito resta interessante e descrittiva la lunga intervista edita da Einaudi nel 2003, Più bella della poesia è stata la mia vita con l’intervento di vari personaggi dello spettacolo come Roberto Vecchioni , Lucio Dalla e Adriano Celentano, e nella quale si delinea un altro efficace ritratto della sua figura. Gli omaggi continuano con il cd Milva canta Merini frutto di una collaborazione finalizzato alla valida realizzazione di un progetto in cui le poesie dell’autrice vengono cantate dalla stessa Milva e musicate dal bravissimo Giovanni Nuti che continuerà a omaggiare la poetessa con il cd del 2007 Rasoi di seta. Per chi volesse iniziarsi ai suoi scritti c’è il volume Fiore di poesia edito sempre da Einaudi nel 1998 a cura di Maria Corti, grazie al quale si può percepire con una certa scoperta e consapevolezza l’importanza della mistica scrittrice, a proposito della quale gli omaggi non risultano mai abbastanza perché fortemente rappresentativa del nostro patrimonio culturale.