Presentata in anteprima ad Invideo 2013 a Milano un’anticipazione del nuovo film di Caterina Klusemann, terza parte della trilogia sulla sua famiglia, film ancora senza titolo. La storia personale di Caterina inizia nel ’73, sua data di nascita avvenuta a Lucca da padre tedesco e madre ebrea venezuelana cresciuta in Polonia. Nella sua giovinezza vive fra Italia, Venezuela, Germania e Svizzera, mentre ora vive e lavora fra Germania e Italia. Studia regia alla Columbia university di New York dove si forma con un’impostazione classica della drammaturgia ma la sua passione sono i documentari che alla Columbia, quando frequentava i corsi, non erano materia di studio, ma riesce a laurearsi con un documentario: la forma breve di Ima, lavoro sviluppato successivamente. Caterina chiama i suoi film documentari personali, una terza via fra il documentario e la videoarte, perché basati su storie emozionali e non su fatti inconfutabili. Klusemann realizza anche copioni di finzione, programmi televisivi e documentari classici, ma sempre con una spinta emozionale. La sua prima opera è H&G del 2001, creata con Esther Duran, cineasta venezuelana: qui esprime una critica al consumismo americano trasportando la favola di Hansel e Gretel ai giorni nostri negli Usa. Due aspetti sono fondamentali: l’eccesso e il kitsch, e l’abbandono dei bambini: Hansel e Gretel in questo caso sono lasciati in un famoso grande centro commerciale newyorchese. La strega dà ai bambini troppi dolci e giocattoli, mentre i bambini se la devono cavare da soli. Alla fine la strega finisce dentro lo schiaccia spazzatura. C’è un happy end come in tutti i lavori dell’artista. Del 2001 è anche Ima, primo capitolo della trilogia sulla famiglia di Klusemann che dichiara: «è stato girato come una corrida fra me e mia nonna per recuperare la memoria perduta. Io e mia sorella non conoscevamo la nostra identità: vivevamo in Italia ma nelle mura di casa si parlava polacco, spagnolo e tedesco. Mia nonna mangiava aringhe a colazione e non si capiva il motivo delle collere e delle depressioni». Il segreto della famiglia è l’aver affrontato l’olocausto da cui sono fuggite la nonna e la madre dell’artista che vivevano in Polonia. Questo film è la testimonianza dei racconti sulla verità delle cose accadute alle due generazioni di donne prima di Caterina, durante la guerra, racconti svolti attraverso le parole della nonna, ed è la testimonianza di cosa è successo dopo: un riavvicinamento fra nonna, mamma e figlie. Ma perché andare a vivere in campagna in Italia? Perché la madre di Klusemann e il padre, Georg, sono venuti in Toscana per costruire un idillio e dimenticare, solo che il padre è morto quando l’artista aveva otto anni; da questo trauma nasce il secondo capitolo della trilogia, Georg, teso a recuperare la memoria paterna, Caterina commenta: «quando mio padre è morto ho rimosso tutta la mia vita precedente: i miei genitori avevano costruito una realtà idilliaca fatta di natura, animali, bambini, colore, arte e amici, sopprimendo tutto ciò che era stato prima. Ma quando lui se n’è andato tutto è uscito di nuovo fuori. Questo film riporta alla luce il ricordo di mio padre ed ha un lieto fine perché lui qui è palpabile». Il terzo capitolo, in anteprima in forma provvisoria a Invideo, parla della famiglia propria dell’artista: le sue tre figlie. Narra gli ultimi quindici anni di Caterina che ha recuperato una nuova serenità con le sue bambine. Parallelamente alla storia personale si svolge la storia di un cane di cui si vede il parto: il parto, indagato agli inizi dell’opera, è una cosa naturale e la natura riconduce alla ricerca dei genitori di Klusemann di creare un ambiente idilliaco, ciò si incarna nell’animale. Inoltre il cane ha una funzione narrativa: muore nel momento centrale in cui un incendio cambierà le sorti della loro realtà domestica. Importanti l’apertura e la chiusura che sono nell’acqua: all’inizio le tre figlie di Caterina si trovano in un’acqua torbida, come fosse il liquido amniotico in cui il feto non è concepito o concepibile; durante il film, dichiara l’artista: «perdo completamente la mia capacità di vedere le mie bambine ed essere presente per loro, solo alla fine con la scena parallela in cui l’acqua non è più torbida riacquisto il nostro rapporto». I tre lavori hanno un carattere estremamente intimo in cui Caterina si mette a nudo, ma sono realizzati in tre maniere diverse. In Ima tutto è girato all’interno della casa, e Klusemann ricorda: «La telecamera fungeva da catalizzatore, ho creato la storia attraverso la sua presenza che ha fatto sì che mia nonna parlasse e che io cercassi di scoprire ciò che era celato. La telecamera metteva anche in moto certe relazioni e certi dialoghi perché ha cambiato i nostri rapporti: era oggettiva, dava coraggio, forse anche per mia nonna era un modo di aprirsi, finalmente». Mentre in Georg i materiali sono più eterogenei: è presente un filmato in 16 mm girato negli anni ‘70 con protagonista Georg, poi sono rappresentati i quadri di Georg, pittore, di cui Klusemann dice: «sono ciò che mi rimane come messaggio da parte di mio padre e come risposta alle mie domande»; infine ci sono filmati girati in Italia e in Germania sulle tracce di Georg. Mentre nell’ultimo film i materiali sono totalmente eterogenei partono dagli anni’80 fino a riprese di qualche settimana fa: «ho inserito tutto ciò che ho filmato quando sentivo di non capre qualcosa e che adesso capisco come parte di una storia», dice l’artista. L’essenza personale dei tre film arriva a un’essenza universale perché sono storie vissute che parlano di temi dell’umanità: il lutto, l’olocausto, l’identità, il sogno e la maternità. Info: www.caterinaklusemann.com
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