Cantando Giuseppe Verdi

Chi ha la fortuna di assistere allo spettacolo Narrar cantando, l’omaggio a Giuseppe Verdi nell’ambito dei festeggiamenti del bicentenario della nascita, realizzato dall’attore Marco Paolini col violoncellista Mario Brunello, è pregato di presentarsi con due ore di anticipo. Perché lo spettacolo, che ripercorre, in parole e musica, l’epopea del genio musicale di Giuseppe Verdi, è preceduto da un’imprescindibile lezione di canto per il pubblico, tenuta da Brunello stesso e da Francesca Breschi. Si tratta di un festeggiamento sui generis per vari motivi: i due protagonisti formano una strana coppia. Mario Brunello è uno dei più acclamati violoncellisti italiani, vincitore di concorsi internazionali, docente all’accademia Chigiana, concertista diretto da grandi nomi, da Claudio Abbado, Lorin Mazel, Riccardo Muti e altri, e noto per aver realizzato i concerti I suoni delle Dolomiti, esecuzioni all’aria aperta e in altissima quota. Marco Paolini è un attore dedito al cosiddetto teatro civile e di narrazione,conosciuto per Il racconto del Vajont, che si caratterizza per i monologhi dall’ironia dissacrante.

Il Giuseppe Verdi che i due artisti portano sotto i riflettori è soprattutto il drammaturgo, più che il compositore. A un entusiasta ammiratore che, sorpreso di vederselo davanti, aveva esclamato: “Ma lei è Verdi, il grande compositore?”, il musicista rispose: “Lasci stare il grande compositore, io sono un uomo di teatro”. Lo spettacolo di Paolini e Brunello indaga la capacità di incarnare l’identità italiana attraverso le sue partiture. «Verdi non è solo un musicista, è un uomo di teatro che pensa a un disegno generale e poi ne cura ogni dettaglio per arrivare a un effetto mirato. La storia viene narrata dalla parole e dalla musica, ma niente di superfluo viene lasciato, per il gusto del bello o per l’esibizione della tecnica» dice Paolini.

La performance è costruita sulle più popolari melodie verdiane eseguite dal violoncello di Brunello e dall’armonium di Stefano Nanni, e sull’affabulazione di Marco Paolini, che cercherà di raccontare allo stesso tempo il Verdi compositore, regista, scenografo, impresario e patriota. Il fil rouge dello spettacolo è Otello, dramma della gelosia tratto da Shakesperare che, dopo un lungo periodo di silenzio compositivo, segnò un radicale cambiamento nella concezione musicale e teatrale di Verdi: il testo non è poesia, ma parola scenica, primato del dramma. La trama compositiva di Otello procede per strappi, secondo la tecnica del flusso senza interruzioni di musica e del dialogo drammatico tra le forze in campo. Verdi riduce all’essenziale l’apparato scenico e cerca solo di delineare il carattere espressivo dei personaggi: solo da questa descrizione teatrale discende l’ispirazione musicale. Un teatro di conflitti, in cui ciascun personaggio lotta contro l’autorità costituita o i suoi cari, per affermare la propria visione del mondo e quindi la propria libertà. “Verdi pensa a uno spettacolo globale ed essenziale; il risultato è straordinario perché egli inventa qualcosa che sembra molto più antico di lui. Le sue opere diventano tradizione da subito, la gente le canta anche se non è andata a teatro, la sua popolarità è pari a quella di Garibaldi.“

Ed ecco che Paolini e Brunello, sull’onda di questa popolarità, incitano il pubblico a lanciarsi nell’intonazione di famosi cori verdiani. «Spero che venga un pubblico di tutti i tipi – dice Paolini – Marco e io siamo una coppia trasversale e quindi ci aspettiamo un pubblico trasversale» A impreziosire la celebrazione Paolini leggerà un articolo poco noto di Tommaso Marinetti, Les funerailles d’un Dieu ( I funerali di un Dio), in cui dipinge le esequie di Verdi come i funerali di un eroe, un bellissimo racconto sui vizi e le meraviglie di noi italiani.

Debutto:14 novembre, teatro Regio di Torino, segue tournée in molti teatri d’Italia fino al 19 dicembre. Info: www.jolefilm.it

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