Roberto Paci Dalò è compositore e interprete, regista e filmaker, artista visivo, e affronta tali espressioni artistiche in maniera indipendente l’una dall’altra per creare codici che sono fruibili a seconda del linguaggio in cui si manifestano. Rivolge poi una particolare attenzione, come dice egli stesso: «alla pratica della traslazione dove un’opera teatrale può diventare, ad esempio, un’opera radiofonica, o un’installazione mixed media la scena per un futuro film. E così via.» Ha studiato arti visive e musica contemporaneamente venendo in contatto con artisti del calibro di John Cage e Aleksandr Sokurov, a questo proposito cita una frase del rabbino Marc-Alain Ouaknin: «”sono cresciuto tra i maestri” che significa letteralmente “cresciuto nello spazio vuoto lasciato dai maestri”». Sul linguaggio musicale dichiara: «La musica è per sua natura un sistema collaborativo eccezionale. Gli artisti con formazione musicale che lavorano con le tecnologie sono spesso avvantaggiati proprio dalla loro educazione. Suonare uno strumento, inclusa la voce, significa aver avuto a che fare con una macchina fin da piccoli. Il rapporto con la macchina, con il numero, con la comunità (la band, l’orchestra, l’ensemble) è un’ottima scuola per introiettare l’importanza della collaborazione».
Il teatro invece diventa luogo dove si incontrano vari linguaggi che devono collimare l’uno con l’altro. Definisce internet: «“the art of being everywhere”, frase coniata dall’artista Robert Adrian X, e luogo virtuale che ancora non è stato esplorato completamente nelle sue possibilità». Tutte questi territori con cui si misura in maniera artistica sono accompagnati dalla pratica del disegno: «è la mia meditazione quotidiana, amo la libertà di viaggiare con un taccuino, matite, chine e acquarelli per contenere il mondo in una piccola pagina». Ma parliamo di tecnologia: Dalò già nei primi anni Novanta sperimenta le nuove tecnologie, è di quell’epoca l’uso del Lexicon LXP-1, uno storico multieffetti digitale comprato a New York, mentre nello stesso periodo entra in contatto con la produttrice della radio austriaca Heidi Grundmann, creatrice del programma Kunstradio, con cui nasce una collaborazione che lo vede affiancarsi ad artisti, programmatori, teorici fra i migliori del periodo, per vari progetti. Ma cosa lo stimola maggiormente della tecnologia? L’artista risponde: «La teoria e la pratica della “proiezione” nell’immagine e nel suono. La pratica della proiezione permette di ridisegnare percettivamente spazi di qualsiasi dimensione e tipologia. È un modo per lavorare sul site-specific cercando di restituire lo stupore a luoghi talvolta così quotidiani e normali da risultare invisibili.» Dalò negli anni ha prodotto varie creazioni di diverso genere che si sono svolte con medium diversi, ad esempio, una performance dal vivo che poi è diventata un’opera radiofonica: La natura ama nascondersi – Mozart in Budapest 1791 – 1832; la realizzazione di un network di canali televisivi e radiofonici che è servito come palcoscenico per una tele-performance: Realtime; e via di seguito. La sua ultima creazione, il film Ye Shangai, che si può fruire anche come installazione audio-video e come performance film e musica dal vivo, ha fatto il giro del mondo: Vienna, Shanghai, Bruxelles, Barcellona, Venezia, Linz. A Shangai vi è stata la prima presentazione che ha visto l’opera nella sua espressione performativa che si è svolta nello spazio principale della SH Contmporary Art Fair con il suono (clarinetti, sampler e elettronica) eseguito dal vivo; Ye Shangai è stato poi premiato durante la fiera.
Il lavoro racconta, attraverso immagini di repertorio degli anni ’30 e ‘40, la storia del ghetto di una Shangai occupata dai giapponesi dal ’37 fino alla fine della II Guerra Mondiale, unico luogo dove non serviva il visto per entrare: 23.000 rifugiati ebrei provenienti dall’Europa lo hanno popolato. Dalò è venuto a conoscenza di questa storia durante il sopralluogo nella città invitato da Massimo Torrigiani a partecipare a SH Contemporary, la fiera d’arte contemporanea di Shanghai, di cui Torrigiani è direttore. La seconda Guerra mondiale è un periodo storico particolare, l’artista ci spiega perché ha deciso di raccontarlo: «Sono da sempre ossessionato dalla Storia e da come le dittature siano state spesso frutto della volontà popolare. Adolf Hitler è stato un Kanzler eletto dal popolo.» Il film indaga gli aspetti sociali, politici e culturali del ghetto dove persino l’edilizia era costruita “all’europea” e si stampavano una quarantina fra riviste e giornali. La musica ha un ruolo essenziale in Ye Shangai, Dalò ha utilizzato la canzone Nights of Shanghai in maniera personale, come dichiara: «Nights of Shanghai (Ye Shanghai) è una della canzoni icone della Cina pre Mao Zedong. Dal 1937 è diventata un vero e proprio hit conosciuto da tutti i cinesi. Ho lavorato sulla struttura della canzone scomponendola in tante piccole cellule che mi sono servite per creare una banca dati che ha creato la texture acustica del lavoro. In questo tessuto ho inserito sonorità elettroniche, strumentali e anche paesaggi sonori cinesi degli anni Trenta.» Le immagini di repertorio, film in 35mm girati da viaggiatori inglesi tra gli anni Trenta e Quaranta a Shanghai, provengono da un fondo del British Film Institute di Londra scoperto da Francesca Girelli, produttrice dell’opera insieme a Davide Quadrio, immagini che fino a questa scoperta e alla realizzazione dell’opera erano totalmente inedite. Info: www.giardini.smf
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