Il grande live del grande artista dentro un outlet è un evento che rimane un grande mistero. Eppure per il Summer music festival il pubblico si presenta numeroso, il gruppo, il cantautore o chi per lui sul palco non risparmia colpi e che questa sia la nona edizione della manifestazione la dice lunga sul suo stato di salute. Ma a respirare l’atmosfera pre-esibizione qualcosa non torna, qualcosa comincia a scricchiolare fin da casa, dalla partenza, da dentro la macchina: in viaggio per il concerto di Mc Cartney (il figlio) all’outlet Castel romano. Nascono i primi sospetti: ma perché suona lì? Perché è gratis, chi lo paga? Si definisce una situazione dove ci si presenta al live come se da un momento all’altro qualcosa potesse cadere da un architettura che sembra sospesa, l’avvicinamento è cauto. In punta di piedi verso il palco, sotto il palco prima, durante e al termine del concerto si rimane sospettosi, una sensazione vicina al tradimento. Poi la domanda esce fuori: perché sto ascoltando il mio cantante preferito in una fintissima piazza rosa pastello circondato da centri commerciali in un posto dimenticato da dio? A niente serve rispondere perché è gratis. L’ordine naturale delle cose è saltato.
Per buona pace dei rivoluzionari ma con la complicità di critici d’arte e artisti sappiamo quanto sia un luogo a definire un evento perché se una zuppa di minestra sta nello scaffale di un supermercato può essere poesia nelle mani di Don de Lillo e costare sempre quella manciata d’euro, ma se piazzata dentro un museo diventa un Andy Warhol e non basta una vita per pagarlo. L’idea di trattare la musica come un’arte senza un suo spazio specifico può essere pericolosa. Ma anche no. Alla fine il concerto c’è, le note sono quelle, il cantante è veramente lui, il pubblico accorre sempre in gran numero e sulla carta niente fa una piega. Ecco, rimane giusto quell’amaro, quella sfumatura non definibile ne descrivibile che ti becca mentre sposti la testa dal palco e vedi che il mondo continua a fare quello che faceva prima del concerto, proprio due minuti prima che iniziasse. Il commesso dentro al negozio che lavora fra sconti e dà resti, la tipa che cerca quello che non trova, buste che camminano condotte da mani troppo piccole per tenerle insieme, e allora vola via l’unicità di una serata pensata di essere riempita solo a suon di note. Ma è un attimo, ma è anche la misura con la quale decidere se il gioco vale la candela o meno.
Per essere chiari nessuno ve ne vorrà se andrete a vedere sabato Simona Molinari a Castel Romano, Jury alla Reggia o domenica (stesso posto, stesso bar) Chiara Galiazzo, o ancora James Mc Cartney a Serravalle il 27 o Malika Ayane a Noventa di Piave o chiunque volete voi (qui il calendario) dal 20 fino ai primi d’agosto; basta che, tornando a casa, o la mattina dopo pronti per indossare i nuovi acquisti, non si dica: è così che dovrebbero essere tutti i concerti: gratis.