Premio Campiello, i finalisti

Roma

Nelle cinque opere finaliste al premio Campiello si percepisce l’eco di un forte richiamo alle origini, alla famiglia, ai valori che i tempi angusti, scanditi da una crisi sociale e materiale come quella che viviamo, rischiano di fare lentamente evaporare. Nelle opere dei cinque autori ci sono storie appassionanti di vita vissuta o immaginata, c’è una letteratura realista e molto legata alla contemporaneità attraverso una teatralità delle idee e delle emozioni rappresentate. È l’unico tratto che sembra accomunare questi  lavori, in realtà molto diversi, che ieri sono stati presentati dagli autori al palazzo delle Generali di Roma, in un incontro organizzato da Confindustria Veneto, patron del premio Campiello, e moderato dalla giornalista del Tg2 Christiana Ruggeri. Un incontro brillante, profondo e snello, in cui la letteratura e le sue straordinarie suggestioni hanno sedotto il pubblico, grazie a una straordinaria commistione di idee, spunti e sentimenti in quello che è stato uno degli ultimi happening dei finalisti, da mesi in giro per le più importanti città italiane a divulgare i propri testi, prima della tradizionale finalissima di Venezia, in programma il 7 settembre al teatro La Fenice.

Giovanni Cocco con La caduta (Nutrimenti Edizioni, pp. 224), Valerio Magrelli con Geologia di un padre (Einaudi, pp. 160), Beatrice Masini con Tentativi di botanica degli affetti (Bompiani, pp. 336), Ugo Riccarelli con L’amore graffia il mondo (Mondadori, pp. 228) e Fabio Stassi con L’ultimo ballo di Charlot (Sellerio, pp. 288). Sono loro i cinque finalisti; diverse generazioni a confronto, diversi stili e differenti percorsi biografici e letterari. Per un risultato che rappresenta un significativo estratto del meglio della letteratura contemporanea italiana.

In La caduta di Giovanni Cocco, classe 1976, lo stile e il tema ricordano John Steinbeck e la sua generazione perduta raccontata in Furore. Un romanzo, definito post moderno dalla critica, che rivive la decadenza dell’Occidente attraverso recenti fatti di cronaca, dalle rivolte nelle banlieue parigine all’undici settembre, dalle guerre in medio oriente alla primavera araba, fino a toccare anche grandi temi socio etici, come l’aborto o il ruolo della finanza nella vita delle società. Tutti temi affrontati con un linguaggio scomodo, diretto a introdurli provocatoriamente nella letteratura tradizionale. Tutto ripercorso sotto l’egida di un conflitto generazionale tra i figli e i padri, rei, questi ultimi, di avere confezionato un mondo pieno d’ombre e contraddizioni per i propri figli. E con una narrativa ripensata dall’autore non con una «Funzione descrittiva della realtà – ha spiegato – ma interpretativa del presente».

Valerio Magrelli dopo la morte del genitore ricostruisce in Geologia di un padre la sua figura paterna. Lo fa mettendo insieme una serie di ricordi, appunti, pensieri e biglietti. «Far brillare ciò che è accaduto – dice l’autore – è l’unico modo che abbiamo per vincere la morte». E il professor Magrelli, nato nel 1957 e di origini ciociare, rivive il suo passato e quello della sua famiglia assimilandolo ai resti umani di origine preistorica trovati proprio in Ciociaria, a Pofi, suo paese natale. La geologia ha un ruolo significativo nel suo libro. Alla rocciosa figura del genitore fa da contraltare la debolezza e la fragilità sopravvenute nell’età della vecchiaia. Un modo, per Magrelli, di rivedere se stesso, di specchiarsi e confrontarsi con le sue paure più profonde.

La storia raccontata da Beatrice Masini in Tentativi di botanica degli affetti è ambientata nell’Ottocento, nella campagna milanese. Bianca, la protagonista, è un acquarellista ingaggiata dalla grande famiglia di Don Titta per dipingere le bellezze botaniche della tenuta. Durante questa sua permanenza a contatto con i componenti della famiglia osserva acutamente i loro atteggiamenti, scovando un rapporto inusuale che molti di loro intrattengono con una giovane e umile serva, Pia, la cui vita sembra nascondere dei segreti che la legano alla famiglia per cui lavora. Un sottile e delicato viaggio all’interno dei sentimenti più nascosti e degli affetti, che viene disegnato dall’autrice come un ritratto romantico ed elegante alla scoperta della vita e delle sue grandi contraddizioni.

L’amore graffia il mondo di Ugo Riccarelli è un’elegìa della donna, vista come eroina della contemporaneità. Per disegnare questo profilo Riccarelli pensa alla donna degli inizi del Novecento, incarnazione del sacrificio e della rinuncia, costretta a vivere in una società in cui imperversano il fascismo, la povertà e una cultura fortemente maschiocentrica. Qui si svolge l’epopea di Signorina, la protagonista, chiamata così dal padre, un capostazione che pensa di coniare tale soprannome per la figlia ispirandosi a un’aggraziata locomotiva a vapore. Una donna che si carica sulle spalle il proprio futuro, decide di rinunciare alle sue attitudini, passioni e aspirazioni, come quella di diventare una stilista, e comincia a dedicare la sua vita, con generosità e altruismo, ai suoi affetti: i genitori, il marito e, infine, il figlio. Tutti momenti segnati da drammi e imprevisti che trovano, però, Signorina sempre pronta a reagire e a restare fulcro del suo nucleo familiare. Un ritratto dolcissimo della donna, declinato nei suoi vari ruoli, che ancora oggi continuano a rappresentare il centro nevralgico del mondo.

Più onirico e fantasioso è invece il libro di Fabio Stassi, L’ultimo ballo di Charlot. Una scommessa del grande Charlie Chaplin, ormai anziano, con la morte, invitata a ballare e a concedere così un altro anno di vita in cambio di un sorriso. Una scommessa che si ripete di anno in anno per allontanare il fatidico momento, tanto quanto basta per permettere a Charlot di vedere suo figlio piccolo crescere e maturare. Ma quando il tempo sembra ormai finito il protagonista decide di scrivere al figlio una lettera. Vuole raccontargli la storia vera del suo passato, quella che nessuno ha mai ascoltato, ed ecco che dalle sue parole scaturisce l’avventura rocambolesca di una vita e il ritratto di un’epoca rivoluzionaria.

Dopo la vittoria di Walter Siti al premio Strega il mondo letterario ora aspetta di conoscere il profilo letterario del vincitore del Campiello. Sarà sicuramente un profilo alto e affatto deludente, in barba a chi ritiene i periodi di crisi poco stimolanti per la produzione letteraria e culturale. Tutt’altro. È proprio il momento di difficoltà e disorientamento a innescare una particolare vitalità artistica. E anche la 51esima edizione del Campiello quest’anno sembra confermarlo.

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