Il dolore per Maurice Nio

Dark horse la nuova opera dell’architetto olandese Maurice Nio – già attivo in Toscana per la realizzazione del progetto di ampliamento del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato – è stata presentata nellla gipsoteca dell’istituto d’arte di Porta Romana a Firenze (ora Liceo artistico statale di Porta Romana e Sesto Fiorentino). L’imponente opera, che elabora la complessità dei temi della sofferenza e della morte, è stata introdotta da una performance musicale del maestro Lucio Labella Danzi, e apre a un programma promosso dalla fondazione architetti Firenze, volto a rivalutare il rapporto con luoghi dimenticati della città attraverso percorsi guidati.

Affascinato dagli spazi e dalle opere contenute all’interno della Gipsoteca durante una sua recente visita, l’architetto ha ideato per la città di Firenze un lavoro inedito: un’opera plastica di grandi dimensioni, ispirata dagli stessi spazi nei quali è raccolta la prestigiosa collezione di gessi, con i quali la nuova creazione instaura una relazione in fieri. L’imponente corpo nero, nella cui forma dinamica e cangiante si intravedono alcune sembianze di un originario cavallo, vuole raccontare il rapporto con il calco della Pietà di Michelangelo come elaborazione dei sentimenti legati al dolore della perdita. “Dark horse è più che una semplice scultura. È anche la messa in scena dell’emozione dolore”, dichiara l’autore: la figura nera si staglia al centro della sala, con tutta la sua oscura maestosità, da magma indistinto si fa figura, profilo, animale, mostro.

Curiosità, paura, raccapriccio, tensione: un mix di sentimenti che riconducono l’osservatore alla fluidità del rapporto tra la vita e la morte, tra la luce e le tenebre. «Il dolore è una delle emozioni più profonde – spiega l’architetto olandese – se qualcuno che ti è veramente caro muore, il dolore può generare lo scambio tra vita e morte. Tu vivi, ora, mentre l’altro è morto, ma allo stesso tempo ti sposti in quell’altro e muori, e così l’altro può tornare in vita. La Pietà di Michelangelo è una rappresentazione unica di questo scambio». Il sentimento di un’insopprimibilre reciprocità incombe sulla vita e getta un raggio di speranza sulla morte. Tempo ed eternità non sono che le due facce della stessa medaglia, costantemente prese in un gioco di specchi e ombre cinesi, che fanno sì che l’uomo sia preso nella morsa dell’angoscia, del vuoto cosmico, del caos. Un avvicinamento poetico che lascia spazio a sospiri e magoni, sogni e incubi. Archietteture plastiche che conducono al mistero della forma, al di là dell’equilibrio e dell’armonia, alla ricerca dello sconfinamento nell’arte pura. Le sue forme fluide e sognanti, come le definisce lo stesso progettista – evidenti anche nel progetto di ampliamento del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, la cui inaugurazione è attesa nei primi mesi del 2014 – contengono l’allusione al potere dell’immaginazione e della visione, quello stesso potere che la mostra intende evocare.

Foto Luca Rimatori

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